Page 51 - Notiziario 2017-3
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PAGINE DI STORIA

tenze, quasi tutti i comuni del circondario di Reggio Ca-             SENTENZA DELLA CORTE D’ASSISE DI REGGIO CALABRIA
labria da tempo erano oppressi dalla “Montalbano” so-
cietà a delinquere, che raggruppava in ogni paese                naccia. Ingerenza anche nella vita pubblica; lo stesso De
numerosi individui. Le varie “Sezioni” erano collegate           Salvo ha confessato di aver presentato le dimissioni da
fra loro, e, come vedremo, anche con le organizzazioni           Sindaco, perché si disse che vi fosse tenuto dalla mala-
delle lontane Americhe. I RR.CC. sapevano che anche a            vita e dal “capo” Olivieri Giuseppe, che era il suo fat-
S. Roberto c’era la sezione della Montalbano.                    tore. Nel 1924 la malavita non voleva la rielezione del
Nei loro verbali sin dal 1921, denunziavano che i delitti        dott. Furci a medico condotto, perché non occultava le
più gravi erano sempre preceduti da una riunione della           lesioni, e voleva far sempre i referti, e [l’Olivieri] irruppe
Società […];                                                     nella sala del Consiglio, fece sospendere la seduta e poi
la struttura, le regole, le vendette, gli illeciti, il consenso  impose le dimissioni a parecchi consiglieri, per impedire
sociale, le ingerenze nella vita pubblica:                       che il Consiglio si riunisse […].
[…] la società si divideva in “maggiore” e “minore”; la          Quello che emerge dalla lettura di questi documenti
“maggiore” costruita da camorristi, la “minore” dai              è un quadro devastante, fatto di soprusi, sopraffa-
picciotti. Aveva un rito per l’ammissione, una tassa per         zioni, corruzione, omertà, pressioni sulla politica e
entrare; si prestava un giuramento di fedeltà e di segre-        collusioni, illeciti di ogni genere e, purtroppo, anche
tezza, e scopo della “società” il rispetto mutuo e la pro-       di disagio e consenso sociale, tutti elementi che rap-
tezione reciproca, che si doveva raggiungere con lo              presentavano - e rappresentano acora oggi - la vera
imporre il rispetto agli affiliati da parte degli estranei,      e principale “forza” della ‘ndrangheta.
traendo su di essi la vendetta deliberata dal “capo”.
Nella esecuzione della vendetta l’interessato poteva sce-                                                        Fabio Iadeluca
gliersi un compagno, e, se si doveva evitare il riconosci-
mento, si aveva diritto di chiedere gli esecutori al “capo”
di “società” di altro Comune…Gli affiliati poi non do-
vevano ricorrere alla Giustizia, sia per le controversie
sorte fra loro, che per quelle avute con estranei.
Divieto assoluto poi di far testimonianza contro i com-
pagni, sotto pena di sanzioni severissime, e obbligo di
far da testimone a favore dei compagni sotto processo.
La “società” quindi si trovava costretta, per lo scopo
prefissosi, di commettere reati per vendetta, mentre i
furti venivano consumati per aiutare i compagni biso-
gnosi e per i “capi”. Anche la possibilità di lavoro era
subordinata al consenso e alla acquiescenza della asso-
ciazione, che anzi aveva il monopolio di alcuni posti,
particolarmente remunerativi.
I signori De Salvo osarono licenziare l’Olivieri, un capo:
ma dovettero riprenderlo, sia perché non trovarono con
chi sostituirlo, sia perché subirono due grandi incendi,
che essi ritennero appiccati per rappresaglia e per mi-

                                                                 NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 3 ANNO II 51
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