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CARABINIERI DA RICORDARE
Alcuni etiopici, nel loro furioso e rabbioso assalto, – questi già in salvo aveva deciso di tornare in difesa
erano penetrati imprudentemente anche all’interno dei due verso la baracca – toccò la stessa atroce e
del deposito degli esplosivi e, per imperizia, ne sfortunata sorte.
avevano provocato lo scoppio. Da altre fonti si ap- Secondo quanto scrisse il Carabiniere Foglia in una
prende invece che sarebbe stato il direttore del lettera del 5 maggio 1936 ai familiari del suo
cantiere, l’ingegnere Rocca, a dare fuoco a una miccia sfortunato amico, Nicola Litto morì perché colpito
che correva fino alla polveriera. al costato da una pallottola dum-dum e non subì
Le urla selvagge degli assalitori che uccidevano chiun- dunque dagli abissini le sevizie che ne oltraggiarono
que si presentasse loro davanti, le grida delle vittime, il corpo; su questo aspetto Pasquale Colucci, autore
ma ancor più la deflagrazione della polveriera del del libro “La tragica avventura africana del carabi-
cantiere, furono udite dagli uomini di un reparto niere baianese Nicola Litto”, ha ipotizzato che
della Milizia attestato non molto lontano, nella zona queste affermazioni potessero essere forse soltanto
del Mareb. Il capomanipolo Lorenzo Ponte, a capo «una pietosa bugia, tesa ad alleviare in qualche
del reparto di Camicie Nere, intraprese subito la modo il dolore degli affranti familiari». Si era com-
marcia per raggiungere il campo della Gondrand e, piuto un feroce massacro, tanto più esecrabile per gli
giunto sul posto dopo alcune ore, quando oramai inauditi scempi dei corpi delle povere vittime. Dopo
tutto era finito, assistette ad una scena raccapricciante! poco meno di quattro mesi dall’inizio dell’assedio
Sul terreno c’erano i cadaveri di decine e decine di economico (18 novembre 1935) con le sanzioni de-
uomini, colpiti mortalmente da colpi di arma da
fuoco, ma non solo: molti corpi, o quello che ne ri-
maneva, si presentavano orrendamente mutilati, fatti
a pezzi, smembrati degli arti, alcuni sventrati, altri
con gli occhi strappati e taluni anche evirati.
Gli Abissini, prima di fuggire, avevano depredato e
razziato ogni tipo di bene, armi, munizioni e generi
alimentari. Tre di loro furono trovati ancora intenti
nello sciacallaggio degli oggetti di valore di alcune
povere vittime. Furono immediatamente fucilati!
Dall’inchiesta che ne scaturì fu possibile ricostruire
che il Carabiniere Litto, dopo aver tentato di difendere
il furgone postale dall’orda abissina, si era spostato
presso la baracca dei dirigenti del cantiere, su cui si
era incentrato maggiormente l’assalto nemico. Pur
consapevole di non disporre di molte munizioni, era
rimasto ugualmente nel cantiere nel tentativo di con-
tribuire alla sua difesa. Non riuscì a sottrarsi all’impeto
e alla forza d’urto degli etiopi, nei suoi confronti
ancora più violenta perché in uniforme e per la sua
buona capacità di maneggio delle armi.
Il corpo del povero militare fu trovato completamente
denudato nei pressi della baracca della dirigenza del
cantiere, straziato da numerose e profonde ferite ed
evirato. Anche all’ingegnere Cesare Rocca, direttore
del cantiere, a sua moglie, Lidia Maffioli, e all’ingegnere
Roberto di Colloredo Mels, vicedirettore del cantiere
102 NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 2 ANNO II