Page 16 - Forestale N. 63 luglio - agosto 2011
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monastico dei Benedettini Vallombrosiani contri-
buì a promuovere la coltura dei boschi, allevando
alcune abetaie e cerreti nel circondano di
Reggello, assoggettandoli poi ad un governo per-
fettamente razionale”.
Nasce la Scuola forestale
A rafforzare questo legame dei Forestali col
Santo nel 1869 la Scuola Forestale Italiana fu fon-
data proprio presso il Cenobio di San Giovanni
Gualberto (vedi pag. 50).
L’opera di conservazione e miglioramento delle
foreste non è stata limitata alla sola congregazio-
ne Camaldolese, ma ampiamente praticata da
tutte le Congregazioni Benedettine, ma anche
Francescane, dal Medioevo fino al provvedimen-
to di chiusura dei monasteri deciso dallo Stato
Italiano nel 1866.
La civiltà cristiana, attraverso il monachesimo, ha
contribuito enormemente alla vita dei più bei
boschi italiani frequentati, come luogo privilegia-
re i mali delle acque selvagge. I mezzi pratici to di spiritualità, da eremiti e monaci, i quali però
impiegati da Giovanni Gualberto a questo fine sono stati anche in grado di dar vita ad un model-
furono quello di promuovere il ringiovanimento lo di attività forestali tale da conciliare lo
naturale del bosco e quello di ripopolare gli spazi sfruttamento industriale delle foreste con la loro
vuoti mediante coltivazione artificiale. Facilitò il conservazione e il loro miglioramento, ponendo
ringiovanimento naturale o rompendo il terreno le basi della selvicoltura.
con rastri e con marre attorno agli alberi fruttife- Nel cristianesimo medioevale la spiritualità del
ri, affinché i semi, cadendo, trovassero l’ambiente deserto, propria del monachesimo orientale,
adatto per germogliare, oppure, per risparmiare diventa una spiritualità della foresta.
tempo e lavoro e per distruggere gli animali noci- Particolarmente interessante è a proposito l’e-
vi, facendolo rompere a tempo opportuno dai sempio dell’attività della Congregazione
porci, che hanno l’abitudine di grufolare in terra, Camaldolese. Le prime costituzioni camaldolesi,
per cercarvi bruchi, larve, bisce e topi. redatte dal Beato Rodolfo, dopo la morte di San
I biografi descrivono Giovanni portato all’amore Romualdo, prevedevano gli alberi da piantare
per la natura e soprattutto per il mondo vegetale, come simbolo delle virtù da coltivare: i sette
restava infatti in ammirazione di fronte alla mae- alberi della vita eremitica ispirati dal Libro di
stosa imponenza degli alberi longevi. Isaia: “Pianterò cedri nel deserto, acacia, mirti e
Come Montecassino venne considerato un gran ulivi, porrò nella steppa cipressi, olmi insieme
vivaio di agricoltori, oltre che di studiosi, così con abeti”. I sette alberi che devono essere pian-
Vallombrosa, oltre a rendersi celebre nelle scien- tati – ovvero le virtù che devono essere coltivate
ze, nelle lettere e nelle arti, gettò, per opera di San – nella solitudine monastica sono il cedro, sim-
Giovanni Gualberto, il primo germe per una bolo di distinzione in santità e sincerità; il
razionale coltivazione dei boschi. biancospino, simbolo dell’ansia di emendarsi e di
A tal proposito vale ricordare che nel suo tratta- fare penitenza; il mirto, simbolo di sobrietà e
to di selvicoltura del 1887, il Di Bérenger dice temperanza; l’ulivo, simbolo di gioia, misericor-
“Ond’è manifesta la prova dell’abbandono gene- dia e pace; l’abete, simbolo di altezza in
rale nel medio evo della coltivazione dei boschi e meditazione e sapienza; l’olmo, simbolo di forza
della poca cura che si aveva di conservarli. D’altra e pazienza; il bosso, simbolo di umiltà e perseve-
parte non è men vero che specialmente l’ordine ranza.
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