Page 12 - Forestale N. 49 marzo - aprile 2009
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È un colpo micidiale per la popolazione, che è preoccupata anche per le verdure dell’orto,
per le pecore che pascolano di fronte a casa. Tornano in mente le immagini di Aversa e
delle pecore che vengono abbattute perché contaminate da diossina. Quattro anni fa gli
allevatori videro cadere sull'argine di un affluente del Sacco le mucche subito dopo averne
bevuto l'acqua, decine di animali vennero stroncati all’istante.
Pochi mesi prima, a dicembre 2004, fu proprio un allevatore di Segni a lanciare l’allarme
su quanto stava avvenendo. Comunicò al Servizio Veterinario di Colleferro che il latte da lui
prodotto veniva rifiutato da alcune settimane dalla Centrale del Latte di Roma, a causa di
una sostanza non meglio identificata ed evidenziata dalle analisi chimiche condotte sul latte
da lui conferito. Il Servizio Veterinario di Colleferro, a sua volta, eseguì delle analisi tro-
vando la presenza oltre i limiti del beta-esaclorocicloesano oltre che nel latte del primo
allevatore, anche nel latte di altri, facendo scattare un piano di emergenza sanitaria.
Il Corpo forestale dello Stato è da allora in prima linea, in particolare con il Comando
Stazione di Segni. Le attività di monitoraggio, unitamente a numerosi controlli e campio-
namenti fatti dall’ARPA (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente), hanno
determinato il sequestro di diverse aree, che sono state messe successivamente in sicu-
rezza e la delimitazione di aree ripariali definite “a rischio” attraverso la marcatura
delle fasce di rispetto. Si è arrivati poi al sequestro del complesso industriale di
proprietà della società CAFFARO S.r.l. denominato “area Chetoni” ed ubicato
all’interno della ex SNIA-BPD.
A marzo 2009 finalmente una svolta: vengono notificati 4 avvisi di garanzia
nei confronti del direttore dello stabilimento industriale della Caffaro S.r.l.
di Colleferro, del legale rappresentante e del responsabile tecnico del
Consorzio C.S.C. di Colleferro.
Sono ritenuti responsabili di aver cagionato, nelle rispettive qualità ed
in cooperazione colposa tra loro, un disastro ambientale, contami-
nando i siti della valle del Sacco destinati ad insediamenti abitativi,
agricoli ed allevamento, con conseguente pericolo per la pubblica
incolumità e per la salute pubblica nonché l'avvelenamento delle
acque del fiume Sacco, destinate all'irrigazione dei terreni circostanti
e all'abbeveraggio di capi bovini ed ovini, con contaminazione di pro-
dotti destinati all'alimentazione umana, in particolare del latte.
Il direttore dello stabilimento della Centrale del Latte di Roma, deceduto
prima dell’avviso di garanzia viene ritenuto ugualmente responsabile per
non aver informato le Autorità sanitarie del rischio. L’azienda si limitava a
non accettare il latte contaminato dagli allevatori tacendo sul rischio con-
nesso al consumo del prodotto.
Il disastro ambientale purtroppo non sembra circoscrivibile alle sole spon-
de del fiume anche perché il betaesaclorocicloesano è un “parente” della
diossina ha vita lunga, si accumula nei grassi, non viene metabolizzato dal
corpo umano e sembra ormai entrato nel ciclo alimentare.
Dopo aver mangiato per anni prodotti coltivati lungo le sponde, o bevuto il
latte e mangiato la carne di allevamenti che utilizzavano foraggio coltivato
lungo il fiume, sono potenzialmente moltissimi i cittadini che rischiano di
essere rimasti contaminati. Secondo la letteratura scientifica, sia negli uomi-
ni sia negli animali il principale bersaglio di un’esposizione acuta è il sistema
nervoso. Inoltre, molti studi correlano l’esposizione al beta esaclorocicloesano
con l’insorgenza di diabete e con problemi alla funzionalità della tiroide e dell’apparato
riproduttivo. Con queste sostanze non si scherza.
Il Forestale n. 49 - 13