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gestione faunistica


          una oculata gestione, si è passati dai
          52 abbattimenti del 1976, ai 147 del
          1995. Il prelievo medio è stato del
          12,4  per  cento  sulla  popolazione
          censita, contro un prelievo massimo
          possibile che di norma dovrebbe es-
          sere pari al 33 per cento. Camosci:
          325 abbattimenti l’anno su una con-
          sistenza di 7.600 capi in progressivo
          aumento.
             Tralasciamo il Piemonte e il Ve-
          neto, per indicare alcuni dati clamo-
          rosi che hanno fatto storia, quelli re-
          lativi alla dorsale appenninica. Apar-
          te quei pochi individui presenti nelle
          riserve padronali e nei parchi, fino
          agli anni ’60 ne esistevano così pochi
          da poter essere contati sulle mani.
          Oggi, gli ultimi dati pubblicati che si
          riferiscono al 1998 ci segnalano in Li-
          guria,  Emilia-Romagna,  Toscana,                                                                      Archivio Agenzia ECOFOR
          Marche Umbria e Lazio la presenza
          di 140 mila caprioli che hanno forni-
          to in quell’anno un prelievo di circa 4
          mila 800 capi. Veniamo ai cervi: cir-  Stambecco.
          ca 5 mila capi presenti, poche decine
          di abbattimenti; daino: 15 mila capi e  lettiva (tranne che nelle aree protet-  mero abbia superato le 600 mila uni-
          1.500 abbattimenti; muflone: 3.500  te) ma solo in braccata, merita un di-  tà. È la croce degli agricoltori e la de-
          capi e poche centinaia di abbatti-  scorso a parte. Una volta presente  lizia dei cacciatori. Il suo incremen-
          menti. Sono sempre dati del ’98.   soltanto nelle macchie costiere del-  to è dovuto, sì, all’abbandono delle
             Su tutte le cifre pubblicate occor-  la Maremma laziale e toscana, in  zone collinari e alle immigrazioni
          re procedere ad un incremento pru-  qualche zona della Calabria e della  dalla Francia e dalla Slovenia, ma
          denziale di almeno il 5 per cento an-  Liguria (al confine con la Francia),  anche e soprattutto all’immissione
          nuo e siamo sicuramente molto al di  oggi vive e prospera su tutto il terri-  di soggetti allevati a scopo venatorio
          sotto della realtà.                torio nazionale: ha raggiunto sia i  ed alimentare e comunque prove-
             Il cinghiale, l’unico ungulato che  duemila metri delle Alpi che le mac-  nienti dalle grandi pianure danubia-
          viene prelevato in maniera non se-  chie della Sicilia. Si calcola che il nu-  ne. Oggi, grazie alla caccia in brac-
                                                                                cata praticata da squadre organizza-
                                                                                te e al lavoro di contenimento sia in
                                                                                territorio “libero” che nelle aree pro-
                                                                                tette, che spesso non segue i calen-
                                                                                dari venatori, il suo numero è tenuto
                                                                                a bada in modo che i danni siano net-
                                                                                tamente diminuiti rispetto al passa-
                                                                                to. Tra le immissioni di capi di cep-
                                                                                po europeo e i frequenti incroci non
                                                                                solo tra fenotipi diversi ma anche col
                                                                                maiale domestico, è rimasto ben po-
                                                                                co di quello che era una volta il cin-
                                                                                ghiale maremmano. Tuttavia, in que-
                                                                                sti ultimi anni, l’ambiente stesso e
                                                                                l’attività venatoria sono riusciti a se-
                                                                                lezionare gli individui meno adatti a
                                                                                “forare” le nostre macchie, ed hanno
                                                                                fatto sì che pian piano si stia tornan-
                                                                                do ad una “bestia nera” che è sempre
         © Roberto Iezzi                                                        più somigliante al ricordo che ne
                                                                                hanno i nostri vecchi.

          Cervi in recinto di allevamento.                                                     BRUNO MODUGNO


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