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gestione faunistica
dell’Alto Adige e delle Alpi orienta-
li, nel resto dell’arco alpino - con ra-
re eccezioni (che se ci fate caso cor-
rispondono ad isole culturali celti-
che) si è andato avanti così, alla
“romana”, raccogliendo più di quan-
to la natura potesse produrre e im-
poverendo di fauna valli, boschi e al-
ti pascoli. Il cedrone si è estinto nel-
le Alpi occidentali, e così l’orso. Lo
stambecco, che veniva ucciso per le
carni ma anche per certe credenze
che attenevano alla medicina scia-
manica, stava per fare la stessa fine.
Si salvò grazie al provvidenziale
egoismo venatorio di un re che lo
protesse allo scopo di poter conti-
nuare a cacciarlo. Qualcuno di noi lo © Roberto Iezzi
ricorderà, ma fino a qualche decina
di anni fa, piccola selvaggina a par-
te, la maggior parte delle montagne Cinghiale.
era deserta. Si andava a caccia sem-
pre, in qualsiasi modo, al di fuori di mentarne la consistenza, a seconda niaci capri, per punirli di esistere e
ogni regola. delle possibilità offerte dal territo- per mettere ordine nella selva. Per
Poi arrivarono, nella seconda me- rio. Un po’quello che scientemente noi, che l’abbiamo visto crescere e
tà del ventesimo secolo, le nuove fi- fa il pastore e inconsapevolemente che l’abbiamo insidiato in tutta Eu-
losofie gestionali, una diversa sud- faceva il predatore, ora scomparso. ropa, è ancora un magico folletto.
divisione del territorio: nacquero i In alcune zone protette, dove è Un antico detto tirolese ammoni-
comparti alpini e le riserve di diritto stato impedito ogni intervento da par- sce : “Non c’è danno senza un utile”.
(sull’esempio della regolamentazio- te dell’uomo, abbiamo visto alcune Così, l’abbandono della collina e
ne altoatesina) che fornirono una specie crescere a dismisura a danno della dorsale appenninica da parte di
unità geografica e anche una comu- di altre. Abbiamo assistito impoten- un’agricoltura non più economica-
ne sapienza venatoria e naturalistica. ti a furiose epidemie e visto distrug- mente competititiva era parso, alla
Fu questo il terreno di coltura delle gere patrimoni preziosissimi. fine degli anni ‘60, una jattura na-
nuove buone regole giunte dall’altro Abbandonato il disordine, adot- zionale. Oggi invece ci troviamo ad
versante delle Alpi dove la natura e i tate nuove etiche e nuovi comporta- avere a che fare con nuove risorse. È
suoi abitanti selvatici erano stati sto- menti propri di culture vicine ma di- successo infatti che la macchia e il
ricamente considerati con spirito re- verse dalle nostre, oggi tutti possono bosco hanno preso il posto dei semi-
ligioso, ma anche come apprezzabi- goderne i frutti. Da ragazzo, andavo nativi a grano, delle vigne e degli uli-
le risorsa economica ed alimentare in montagna. Era il dopoguerra. Era veti che fino ad allora erano finaliz-
da gestire. Ecco quindi il cosiddetto raro avvistare sulla tundra alpina un zati più alla quantità che non alla
“prelievo selettivo” che ha lenta- lontano camoscio, o veder apparire qualità dei raccolti. Chi aveva avuto
mente conquistato nuovi spazi ed è su un prato un capriolo. Oggi tutti il coraggio di restare, era stato rag-
stato senz’altro indicato come mo- quelli che escono con uno zaino e un giunto negli anni ’70 da nuovi agri-
derno metodo di gestione dagli isti- binocolo possono fare incontri rav- coltori che avevano abbandonato le
tuti scientifici, università e laborato- vicinati. loro originali attività nel terziario per
ri di ricerca. Qui il cacciatore esper- Questa concezione panica e na- dedicarsi con sapienza e passione al-
to, che conosce il suo ambiente e la turalistica ha raggiunto negli anni l’arte antica della terra. Così tra mac-
qualità e la quantità degli ungulati più recenti gli Appennini, anche a chie e boschi si aprirono piccoli e cu-
che lo poopolano, diventa strumen- causa dell’abbandono in queste zo- rati appezzamenti, dove si ricercava
to della gestione. ne di un’agricoltura non più compe- il massimo della qualità e della spe-
Ma nelle nuove regole non c’era titiva con quella di pianura, e del con- cifica tipicità, proprio in quelle pro-
niente di magico. Dietro un grilletto seguente trionfo della selva selvag- duzioni tradizionali tipiche della col-
c’è un uomo che decide la finalità gia. In molte zone (della Toscana, lina. Cambiò il paesaggio. Non più
della sua azione: intervenendo in dell’Umbria e dell’Emilia Roma- colline di stoppie a perdita d’occhio,
maniera diversa, a seconda dei casi, gna) siamo ai livelli del nord ed est vigneti a tendone, arcaici uliveti. Ma
sulle classi di età e sul rapporto fra i Europa, in altre siamo sulla buona coltivi di pregio che circondavano
sessi, può non solo migliorare la strada. Molti vecchi cacciatori, pri- antichi casali restaurati: lì nasceva-
qualità e lo stato di salute di un po- gionieri dei loro pregiudizi, conti- no attività legate anche a nuove for-
polamento, ma contenerne o au- nueranno a correre dietro ai demo- me di ospitalità turistica che offriva-
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