Page 12 - n_21
P. 12

gestione faunistica


          l’uomo si insedia e considera la na-  matismo utilitaristico dei romani la  utilizzabili come il legname, i frutti,
          tura terra da conquistare, dissodare,  trasformò - fu la prima monocoltura  la fauna selvatica: come tale va sal-
          civilizzare. I fiumi vengono deviati  della storia - nel granaio dell’Urbe.   vaguardato, gestito, utilizzato con
          e la terra cambia faccia.             Il selvatico è considerato un an-  austera parsimonia. Il bosco è luogo
             E così i più recenti studi antropo-  tagonista che fa danno e che quindi  sacrale che ospita panteistiche divi-
          logici e storici sulla caccia ci offro-  va distrutto. La caccia è il momento  nità, dotato di una sua autonomia spi-
          no una lucida interpretazione delle  edonistico dello scialo e della dissi-  rituale che nella fantasia popolare si
          due posizioni contrapposte che an-  pazione di una risorsa aleatoria, ap-  trasforma in un pantheon di coboldi
          cora dividono il nostro universo ve-  prezzata per le sue proprietà ali-  e folletti. Ogni intervento dell'uomo
          natorio: una di matrice romano-giu-  mentari, oppure consumata in un  è disciplinato da riti ispirati al prin-
          daico-cristiana che fonda le città,  contesto il più delle volte festoso,  cipio: non togliere alla natura quel-
          coltiva la terra e cerca, anche con le  che non tiene conto della possibilità  lo che non puoi ridarle. Ogni atto di-
          armi, nuovi mercati. L’ altra, nordi-  di un suo sfruttamento razionale. Da  struttivo dovrà essere ripagato da un
          co-pagana, che vaga nel suo ele-   qui nasce il disinteresse degli abi-  rito esorcistico. E così, nel solstizio
          mento, la selva, alla ricerca di nuovi  tanti della città nei confronti della  d'inverno, un abete viene adornato e
          territori di caccia e che talvolta vi si  “res nullius” e l’accanimento degli  venerato per ripagare il bosco del ta-
          insedia dedicandosi a colture di me-  abitanti dei campi nell’appropriarsi  glio degli alberi (e col sovrapporsi
          ra sopravvivenza. C’è anche chi af-  di un bene che nel medioevo sarà in-  della cultura cristiana si trasformerà
          fronta i mari, ma non come fanno   vece difeso dalla nobiltà (di discen-  in simbolo del Natale); e così, un ani-
          greci e fenici per stabilire fondaci e  denza germanico-barbarica). La ri-  male ucciso in un’azione di caccia è
          aprire mercati o, come i romani, per  voluzione francese trasforma la pre-  oggetto di atti assolutori come l’of-
          difendere i territori conquistati. Lo  tesa popolare in diritto. La borghesia  ferta del rametto intriso del suo stes-
          fa per soddisfare lo stesso spirito no-  ottocentesca si introduce in questo  so sangue che ancora oggi rientra
          made di chi, proveniendo dalle lan-  universo rurale trasformando defi-  nelle complesse norme della rituali-
          de orientali, invade a piedi o a ca-  nitivamente  l'appropriazione  del  tà venatoria germanica.
          vallo le selve dell’Europa.        selvatico in attività sportiva.      Sono due atteggiamenti a con-
             Per le genti del Mediterraneo, gli  Vediamo cosa succedeva in quel-  fronto: da una parte, edonismo e dis-
          “alunni del Sole”, la caccia rappre-  le culture diverse: quelle di origine  sipazione, ma anche la pretesa di
          sentava un'incursione nella selva,  celtica, che già si erano stabilite sui  mettere ordine nella selva, di tra-
          buio elemento demoniaco di disor-  due versanti delle Alpi, e quelle di  sformarla in un giardino popolato da
          dine, incontrollato e incontrollabile,  origine germanica che vivevano nel-  animali domestici e di quelle specie
          che si contrappone all’“ordine” del  le grandi selve che ricoprivano il  opportuniste dell’uomo che vivono
          campo coltivato, sedotto e reso fer-  centro e l’est europeo. Qui il bosco  senza produrre danni apprezzabili
          tile e rassicurante dai raggi del Sole,  non appare mai come il regno della  intorno al campo coltivato; dall’al-
          divinità paterna e protettiva. La fo-  selvaticità trionfante, del disordine  tra parte, sacralità e rispetto della sel-
          resta va distrutta per far posto ai cam-  e della barbarie che ostacolano il la-  va, delle sue magie e dei suoi abitan-
          pi coltivati. Vi ricordo che la Sicilia  voro dell’uomo, ma come entità ri-  ti, ma anche sfruttamento razionale
          era ricoperta da grandi foreste e che  generante. Spazio utile , in grado di  delle potenzialità produttive della
          i suoi fiumi erano navigabili. Il prag-  fornire  prodotti  economicamente  fauna selvatica.
                                                                                  Quando i romani raggiungono le
                                                                                Alpi, riescono a imporre la loro cul-
                                                                                tura ai celti, mescolano il loro san-
                                                                                gue con quello delle donne del luo-
                                                                                go, tagliano il bosco, coltivano il far-
                                                                                ro e la vigna. La caccia diventa anche
                                                                                lì  il  momento  dell’incursione  di-
                                                                                struttiva nel mondo demoniaco, del-
                                                                                lo svago trasgressivo, della dissi-
                                                                                pazione, della festa. E questa cultu-
                                                                                ra, checché se ne dica, è rimasta per
                                                                                secoli nelle nostre Alpi, tranne in
                                                                                quelle zone dove si era sovrapposta,
                                                                                per successive immigrazioni attra-
                                                                                verso i passi impervi di Resia e del
                                                                                Brennero, la cultura germanica. E
         © Roberto Iezzi                                                        mentre grazie a questo tipo di cultu-
                                                                                ra naturalistica e religiosa la fauna di
                                                                                montagna (tranne i predatori con-
                                                                                correnti) continuava a essere par-
          Capriolo nel recinto all’interno della riserva naturale statale di Popoli (PE).  zialmente presente nelle montagne


          12
   7   8   9   10   11   12   13   14   15   16   17