Page 11 - n_21
P. 11
gestione faunistica
DAL DISORDINE ALLA
GESTIONE
La diversa concezione della natura nella cultura romano-cristiana
e in quella nordico-pagana ha condizionato per secoli la gestione e il prelievo
delle risorse faunistiche
S pesso si legge e si sente dire zione, nonostante i saccheggi fatti a raccogliere semi, bacche e piccoli
che la gente delle nostre val-
animali. Ma la caccia era momento
dalle popolazioni locali e dagli eser-
late alpine ha saputo conser- citi durante la guerra, era decisa- di collaborazione sociale anche fra
vare e addirittura migliorare il patri- mente migliore. Frutto, questo, di gruppi diversi, era occasione per co-
monio faunistico al contrario di un’altra mentalità, di un diverso ap- struire il linguaggio, per stabilire i
quanto è stato fatto nel resto della pe- proccio col mondo selvaggio che ri- ruoli e le gerarchie che poi verranno
nisola. Questo è vero soltanto negli troviamo da sempre nelle culture trasferite all’interno del clan. La cac-
ultimi anni. In realtà, per secoli, la germaniche presenti sul versante cia serviva a provare le armi e le tat-
gente delle nostre Alpi, spinta non Nord delle Alpi. tiche della razzia a danno di altri
soltanto da necessità alimentari e di E allora, sfatato il luogo comune gruppi. La caccia era trasgressione,
sopravvivenza, ma spesso anche da che vede da sempre l’abitante delle avventura nel proibito. La caccia era
spavalda ingordigia, ha saccheggia- nostre valli come un geloso custode preceduta e seguita dal rito magico.
to questo patrimonio in maniera cie- della fauna selvatica, vediamo di in- E tutte queste cose ce le portiamo in-
ca e sconsiderata, arrivando addirit- quadrare le due culture divise dallo consciamente nel nostro codice ge-
tura a distruggere la possibilità rige- spartiacque alpino. netico.
nerativa di intere popolazioni. Nello In tutte le popolazioni primitive, Poi si entra nella storia. Le cultu-
scorso secolo sono scomparsi gli la caccia serviva sì a migliorare e va- re utilitaristiche, dell’accumulo, del
stambecchi, tanto per fare un esem- riare temporaneamente quell’ali- profitto, modificano l’aspetto del
pio, ridotti a qualche piccola colonia mentazione abitualmente procaccia- mondo. Nei paesi mediterranei, do-
di sopravvissuti nelle riserve reali di ta dalle donne che andavano in giro ve si sviluppano le prime civiltà,
caccia. E così gli orsi, considerati da
sempre non solo una riserva di pro-
teine, ma addirittura come concor-
renti alimentari e pericolose fiere da
eliminare. La provincia di Como ha
pubblicato recentemente il calenda-
rio venatorio 1901/1902 dal quale ri-
sulta che la caccia all’orso e al lupo
era aperta tutto l’anno (e anzi, veni-
va assegnato un premio a chiunque
avesse ucciso uno di questi animali).
I camosci, ancora negli anni ’50, era-
no rarissimi, ma ancora di più i cervi.
Alessandro Ghigi scriveva in quel
bellissimo libro dal titolo La Caccia,
edito nel 1963 da Hoepli : “I cervi so-
no presenti in qualche esemplare, ol-
tre che nelle province di Trento e di
Bolzano, soltanto nei parchi e in
qualche riserva privata”. E così an-
che quei pochi caprioli che si erano
salvati dalla carneficina. Unica ec-
cezione nel panorama italiano era © Roberto Iezzi
costituita dalle zone di tradizione e
influenza austriache, dove la situa- Camoscio d’Abruzzo.
11