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gestione faunistica


                       DAL DISORDINE ALLA




                                           GESTIONE






                 La diversa concezione della natura nella cultura romano-cristiana
          e in quella nordico-pagana ha condizionato per secoli la gestione e il prelievo
                                             delle risorse faunistiche


          S     pesso si legge e si sente dire  zione, nonostante i saccheggi fatti  a raccogliere semi, bacche e piccoli
                che la gente delle nostre val-
                                                                                animali. Ma la caccia era momento
                                             dalle popolazioni locali e dagli eser-
                late alpine ha saputo conser-  citi durante la guerra, era decisa-  di collaborazione sociale anche fra
          vare e addirittura migliorare il patri-  mente migliore. Frutto, questo, di  gruppi diversi, era occasione per co-
          monio  faunistico  al  contrario  di  un’altra mentalità, di un diverso ap-  struire il linguaggio, per stabilire i
          quanto è stato fatto nel resto della pe-  proccio col mondo selvaggio che ri-  ruoli e le gerarchie che poi verranno
          nisola. Questo è vero soltanto negli  troviamo da sempre nelle culture  trasferite all’interno del clan. La cac-
          ultimi anni. In realtà, per secoli, la  germaniche  presenti  sul  versante  cia serviva a provare le armi e le tat-
          gente delle nostre Alpi, spinta non  Nord delle Alpi.                 tiche della razzia a danno di altri
          soltanto da necessità alimentari e di  E allora, sfatato il luogo comune  gruppi. La caccia era trasgressione,
          sopravvivenza, ma spesso anche da  che vede da sempre l’abitante delle  avventura nel proibito. La caccia era
          spavalda ingordigia, ha saccheggia-  nostre valli come un geloso custode  preceduta e seguita dal rito magico.
          to questo patrimonio in maniera cie-  della fauna selvatica, vediamo di in-  E tutte queste cose ce le portiamo in-
          ca e sconsiderata, arrivando addirit-  quadrare le due culture divise dallo  consciamente nel nostro codice ge-
          tura a distruggere la possibilità rige-  spartiacque alpino.          netico.
          nerativa di intere popolazioni. Nello  In tutte le popolazioni primitive,  Poi si entra nella storia. Le cultu-
          scorso  secolo  sono  scomparsi  gli  la caccia serviva sì a migliorare e va-  re utilitaristiche, dell’accumulo, del
          stambecchi, tanto per fare un esem-  riare  temporaneamente  quell’ali-  profitto, modificano l’aspetto del
          pio, ridotti a qualche piccola colonia  mentazione abitualmente procaccia-  mondo. Nei paesi mediterranei, do-
          di sopravvissuti nelle riserve reali di  ta dalle donne che andavano in giro  ve si sviluppano le prime civiltà,
          caccia. E così gli orsi, considerati da
          sempre non solo una riserva di pro-
          teine, ma addirittura come concor-
          renti alimentari e pericolose fiere da
          eliminare. La provincia di Como ha
          pubblicato recentemente il calenda-
          rio venatorio 1901/1902 dal quale ri-
          sulta che la caccia all’orso e al lupo
          era aperta tutto l’anno (e anzi, veni-
          va assegnato un premio a chiunque
          avesse ucciso uno di questi animali).
          I camosci, ancora negli anni ’50, era-
          no rarissimi, ma ancora di più i cervi.
          Alessandro Ghigi scriveva in quel
          bellissimo libro dal titolo La Caccia,
          edito nel 1963 da Hoepli : “I cervi so-
          no presenti in qualche esemplare, ol-
          tre che nelle province di Trento e di
          Bolzano, soltanto nei parchi e in
          qualche riserva privata”. E così an-
          che quei pochi caprioli che si erano
          salvati dalla carneficina. Unica ec-
          cezione nel panorama italiano era                                                                       © Roberto Iezzi
          costituita dalle zone di tradizione e
          influenza austriache, dove la situa-  Camoscio d’Abruzzo.


                                                                                                             11
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