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Energie: gli estremi delle alternative
native” al petrolio, ma che - nell’ampio spettro tecnologico delle fonti
considerate alternative - sono quelle che più si avvicinano tecnicamen-
te al petrolio, e soprattutto il cui prodotto (anche fisicamente simile) è
adatto molto più di quanto non lo siano non l’elettricità ottenibile con
l’eolico o il calore a bassa temperatura tipico del solare, ad essere tra-
sformato e commercializzato dal sistema industriale e dei trasporti
attualmente esistente. Si tratta cioè di fonti “alternative” che le attuali
grandi compagnie petrolifere sono meglio organizzate per mettere in
valore, perpetuando così il proprio potere mondiale.
A prezzi del greggio attorno ai 50 dollari, diverranno infatti sfruttabi-
li le risorse del Canada (le sabbie bituminose dell’Athabasca) e quelle del
Venezuela (gli oli pesanti dell’Orinoco). Ciascuno dei due paesi ha, in
questi settori, più riserve di quante non ne abbia, come petrolio in senso
stretto, l’Arabia Saudita. Ma estrarle è terribilmente inquinante a livello
locale. E poi, raffinare e utilizzare queste risorse produce più “effetto
serra” di quanto non ne produca il petrolio che bruciamo ora. Si tratta,
insomma, di “alternative” assai simili alla situazione attuale. Per cui non
ha molto senso chiedere per quanti anni durerà ancora il petrolio.
Dipende dal prezzo, e da quanto si sia disposti a accettare come alterna-
tive risorse che veramente tali non sono. All’altro estremo dello spettro
tecnologico, tra le fonti che possiamo considerare veramente “alternati-
ve”, la situazione appare più aperta. La fonte più radicalmente “nuova”
almeno su questo pianeta, è indubbiamente la fusione termonucleare
controllata, cioè la riproduzione sulla Terra dei processi chimico-fisici
che avvengono di continuo sul Sole, e che sinora l’uomo è stato in grado
di replicare solo sotto forma incontrollata e distruttiva, cioè con la
bomba all’idrogeno. All’orizzonte 2050, invece, si intravede già la possi-
bilità di ottenere energia in quantità pressoché illimitata con tale proce-
dimento, e per di più senza nessun tipo di effetto secondario - come è
invece il disastroso “effetto serra” - e senza nessun problema di scorie
radioattive come quelle prodotte dagli impianti atomici oggi esistenti.
Siamo al limite massimo della “alternatività” rispetto alla situazione
attuale, eppure non siamo nel campo dell’utopia o della fanta-tecnologia. .3
Un prototipo sperimentale sta anzi per essere costruito, col cosiddetto oI-n
“Progetto Iter”, a due passi da casa nostra, alla periferia di Marsiglia. n
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