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Un nuovo concetto di ruralità


                  dovrebbe essere applicato anche a tutte le altre attività agricole.
                  Il successo che ha ottenuto la strategia della qualità a discapito
                  di una produzione elevata solo quantitativamente, ha fatto sì che
                  in queste parti fortunate del territorio piemontese si abbando-
                  nasse ogni tipo di produzione che non fosse quella enologica. Da
                  un’economia mista si è passati a una monocultura, impiantando
                  vigne ovunque, anche in zone non vocate, disboscando e sban-
                  cando colline, senza rispettare coltivazioni e ambienti che face-
                  vano parte di un ecosistema collaudato da secoli. Nei piccoli
                  boschi che costeggiavano i filari, c’era tutta una popolazione di
                  piccoli uccelli che garantivano l’opposizione al proliferare di
                  insetti. Senza questi animali, sfrattati dal loro habitat, la difesa si
                  deve ricostruire con l’utilizzo di prodotti chimici.
                  Gli stessi alberi da frutta tra le vigne facevano parte di un siste-
                  ma che nessuno vuole riproporre, e l’allevamento, scomparso
                  per questa tendenza alla monocultura, dava un senso all’econo-
                  mia mista grazie alla possibilità di utilizzare la concimazione
                  naturale (amici vignaioli stanno impazzendo nella ricerca di
                  concimi adatti alle loro vigne). L’impoverimento dell’humus e
                  del terreno nella Langa vitivinicola, tra monocultura e cospicui
                  irroramenti di prodotti chimici, ha oggi raggiunto livelli di
                  guardia.
                  Concludendo, non è possibile preservare l’agricoltura tradizio-
                  nale, mantenere il “paesaggio alimentare” e inseguire un nuovo
                  modello senza mettere in atto tutta una serie di accorgimenti che
                  precedono e seguono queste idee. Ri-localizzare i consumi e la
                  produzione, sfruttando l’immensa varietà che ci offre il nostro
                  paese: ecco un punto di partenza. Si ridurrebbero i trasporti, si
                  incentiverebbe la produzione buona ed ecologica, sia dal punto
                  di vista ambientale che da quelli economico e sociale.
                  E il paesaggio, ordinato da vigne, ulivi, terrazzamenti, tutti inte-
                  grati in ecosistemi pienamente funzionanti, sarebbe salvo, non-
                  ché attivo promotore di altre attività come il turismo e dei tanto
                  inseguiti altri valori aggiunti.










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