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DALLA CHIESA: DALLE BRIGATE ROSSE ALLA MAFIA
Con questo metodo, i risultati prima o poi arrivano. E infatti praticamen-
te tutti i capi storici delle Brigate Rosse furono arrestati fra il 1974 e il 1975. E
non fu facile per nessuno comprendere perché mai fu deciso - ad un certo
punto - di “ristrutturare” quel Nucleo (oltre a quello, altrettanto valido, della
Polizia, coordinato dal questore Santillo), di fatto cancellandoli, perché dalla
struttura centralizzata si passò alla parcellizzazione sul territorio, riesumando
moduli vecchi e sorpassati.
Non lo compresero neppure le Brigate Rosse. Pensarono che il vero
scopo dell’operazione fosse quello di realizzare un controllo sociale più ravvi-
cinato e diffuso. E per dimostrare che avevano… capito, uccisero a Torino un
valoroso funzionario dell’antiterrorismo (il maresciallo Rosario Berardi) trasfe-
rito al Commissariato di Torino Porta Palazzo: per poter denunziare, con il
volantino di rivendicazione dell’omicidio, quanto fosse subdola e perfida la
repressione… Che invece impiegò qualche anno per “recuperare” il Generale
dalla Chiesa (nel frattempo spedito ad occuparsi di carceri speciali) affidando-
gli nuovamente, sul finire degli anni Settanta, il comando di uno speciale
Nucleo antiterrorismo (questa volta interforze, formato cioè con uomini di
tutti i corpi di polizia): con conseguente riproposizione di quei valori - specia-
lizzazione e centralizzazione - che erano stati abbandonati ancorché vincenti.
Anche questa volta i risultati positivi non tardarono a verificarsi. E fu
- per le Brigate Rosse e Prima Linea - l’avvio irreversibile della fine di una scia
di violenza e di sangue, che aveva addirittura costretto il Viminale a calcolare
la cadenza oraria degli attentati.
Pronto a cogliere - con grande sensibilità ed intelligenza - tutto ciò che
poteva favorire la lotta al crimine organizzato, dalla Chiesa sapeva bene che si
possono potenziare fin che si vuole gli strumenti di indagine, ma che di strada
se ne fa poca se l’azione repressiva non si intreccia con l’isolamento politico del
fenomeno.
I terroristi pensavano di essere l’avanguardia di un movimento rivoluzio-
nario di massa quiescente ma pronto a disvelarsi. La loro “fede” era alimentata
dalla miopia dei tanti che sproloquiavano di “compagni che sbagliano” o teo-
rizzavano un improponibile “né con lo stato né con le Brigate Rosse”. Queste
irresponsabili incertezze e ambiguità furono contrastate - a Torino - con la sta-
gione delle assemblee, moltiplicando (a partire dal 1977) gli incontri nelle fab-
briche, nelle scuole, nelle parrocchie, nelle sedi sindacali e di partito: ovunque
fosse possibile discutere insieme per convincersi che i terroristi costituivano
una minaccia non soltanto per le potenziali vittime di omicidi o “gambizzazioni”,
ma per tutti, in quanto capaci di bloccare il cammino della democrazia.
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