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INSERTO
considerazioni tecniche basate sui dati stessi e svolte in ossequio a raccoman-
dazioni e linee-guida di rango nazionale e internazionale . Oltre alla valenza
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investigativa come parte rilevante del fascicolo del pubblico ministero nell’am-
bito delle indagini preliminari gli accertamenti di biologia forense si configura-
no, anche in fase dibattimentale, come potente fonte di prova. In più occasioni,
infatti, la Suprema Corte di Cassazione si è espressa a questo riguardo puntua-
lizzando, ad esempio, che “gli esiti dell’indagine genetica condotta sul DNA
hanno natura di prova, e non di mero elemento indiziario ai sensi dell’art. 192
comma secondo c.p.p., sicché sulla loro base può essere affermata la responsa-
bilità penale dell’imputato, senza necessità di ulteriori elementi convergenti” .
(68)
Le indagini biologiche nei reati di violenza sessuale e maltrattamento,
anche a causa della vasta eterogeneità di contesti in cui avvengono, di reperti
interessati, di dinamiche possibili e, infine, di tipologia di tracce coinvolte, spes-
so presentano elementi di complessità dal punto di vista tecnico-analitico, del-
l’interpretazione dei risultati e della valutazione del loro significato come fonti
di prova .
(69)
Accanto a situazioni più evidenti e chiare nella prassi operativa si riscon-
trano frequentemente criticità tecniche che complicano gli accertamenti e ren-
dono più articolata l’interpretazione e la valutazione degli esiti analitici. Di
seguito si riportano i principali fattori di criticità.
➣In primo luogo una eventualità non ricorrente, ma comunque possibile,
è la mancata rilevazione di tracce sui reperti, il che evidentemente preclude ogni
successivo accertamento di laboratorio e, in pratica, corrisponde a un esito
negativo dell’indagine biologica .
(70)
(67) Ad esempio: ENFSI (2016) Guideline for evaluative reporting in forensic science; GeFI (2018)
Raccomandazioni nelle indagini di identificazione personale; GILL, et al. (2018); ROEWER, et al. (2020);
GILL, et al. (2020).
(68) Corte di Cassazione, Sez. Seconda, n. 43406 del 1° giugno 2016, SYZIU.
(69) In un tipico caso di violenza sessuale le analisi possono, ad esempio, portare a rilevare su un
indumento o sul corpo della vittima tracce, poi risultate costituite da liquido seminale del pre-
sunto aggressore identificabile tramite il confronto con il proprio profilo genetico.
L’informazione tecnico-scientifica che in uno scenario del genere viene ottenuta e veicolata
all’Autorità Giudiziaria è dunque rappresentata dal fatto che sul reperto, in una determinata
posizione, sono state trovate tracce di sperma inequivocabilmente riconducibili al sospettato.
(70) Contrariamente a quanto si possa ritenere, anche il non osservare tracce sui reperti può esse-
re dovuto a molteplici fattori e comunque può assumere anch’esso una valenza informativa
da ponderare attentamente. Si pensi ad esempio al caso in cui il reato sia stato commesso,
ma l’autore abbia adottato ogni possibile precauzione per non lasciare traccia dei propri fluidi
(indossando guanti, un preservativo, ecc.); ancora, al caso in cui la vittima di una violenza ses-
suale decida di sporgere querela a distanza di tempo dalla commissione, dopo essersi accu-
ratamente lavata e dopo aver lavato i propri indumenti, contribuendo, seppur involontaria-
mente, alla rimozione di ogni possibile avvenuto contatto; o infine alla situazione in cui una
presunta vittima denunci un reato che in realtà non è mai stato commesso.
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