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LA BANDA DELL’ARMA DEI CARABINIERI - CENTENARIO



                     Alessandro Vessella è il riformatore della banda in Italia e a lui va ricono-
               sciuto il merito di aver riformato l’organico strumentale della banda e di aver
               ricondotto a criteri di uniformità le partiture per banda in ambito militare.
                     Tale conquista fondamentale, in un’epoca di grande confusione sull’indi-
               viduazione di un organico tipo, adeguato alle esigenze esecutive di un comples-
               so di strumenti a fiato di piccole, medie e grandi dimensioni, si è riverberata sul-
               l’archetipo strumentale delle bande civili, che si adeguerà inizialmente a questo
               tipo di organizzazione strumentale, per poi differenziarsi nettamente da questo
               modello primigenio, in tempi più recenti.
                     Ma osserviamo più da vicino l’organico vesselliano. Innanzitutto, bisogna
               indagare le cause delle scelte strumentali del maestro Vessella, peraltro condivi-
               se e portate avanti da figure di spicco dell’epoca, tra cui Luigi Cajoli, primo
               Maestro direttore della Banda dell’Arma, nonché primo militare a rivestire il
               grado di ufficiale nella Banda dei Carabinieri.
                     La principale causa per la quale si arriva a proporre questa tipologia di
               organico è di natura musicale: all’inizio del secolo scorso si avvertiva l’esigenza
               improcrastinabile che il maggior numero di composizioni possibili appartenenti
               al repertorio dell’orchestra potesse essere trascritto o riarrangiato per banda.
                     L’orchestra sinfonica o lirica, in particolare quest’ultima, vista la vocazione
               prevalentemente operistica della musica italiana dell’epoca, furono il modello
               per approntare un organico bandistico italiano confacente all’esigenza primaria
               che si posero come obbiettivo i riformatori nella prima decade del Novecento
               e che era quella di diffondere la grande musica lirica in Italia al di fuori degli
               angusti limiti fisici e numerici di un teatro. L’opera in tal modo avrebbe potuto
               raggiungere un ben più vasto numero di spettatori, evitando loro i costi del
               biglietto che negavano alle classi meno abbienti la possibilità di poter godere di
               simili rappresentazioni. Ma per fare ciò si doveva rinunciare alla poesia della parola
               sostituita dalla prosa musicale degli strumenti a fiato: il discorso musicale così
               poteva fluire con maggiore leggerezza, diveniva prosaico e colloquiale e i veri
               protagonisti diventavano gli strumentisti a fiato capaci di emulare le gesta vocali
               dei grandi cantanti lirici, in particolare del soprano attraverso la voce del flicor-
               no sopranino in mib.
                     Esiste poi una motivazione sociologica nella riforma vesselliana per la quale
               il riferimento per la banda in Italia è stato e forse ancora oggi risulta essere il
               mondo militare: dare un assetto ordinato a un gruppo di musicisti con un ves-
               sillo, una divisa simile a quella militare e la capacità di esibirsi anche in marcia.
                     Il modello sul quale costruire un organico musicale efficiente ed equilibra-
               to non poteva che essere quello di una banda militare.


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