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TRIBUNA DI STORIA MILITARE



                                                           Pesanti  le  perdite  umane:  i
                                                      caduti negli scontri erano stati com-
                                                      plessivamente  venticinque,  a  cui
                                                      dovevano  aggiungersi  altri  quaran-
                                                      taquattro decessi per cause varie. I
                                                      feriti erano stati almeno cinquanta-
                                                      sette .  Si  trattava  di  un  numero
                                                           (54)
                                                      davvero  elevato,  che  testimoniava
                                                      l’impegno  dei  militari  italiani  e
                                                      l’asprezza degli scontri in cui erano
                                                      stati  coinvolti.  Il  confronto  con  le
                                                      perdite britanniche è illuminante: in
                                                      un ciclo operativo dimezzato rispet-
                                                      to  a  quello  delle  truppe  italiane,  i
                                                      morti furono quarantuno, ma quelli
                                                      effettivamente  caduti  nel  corso  di
                            Gian Carlo                attività  operativa  si  contavano  in
             La stazione radio di Gleiwitz (Gliwice), teatro del finto
                    attacco che rappresentò il casus belli    poche unità. Non è il caso di trac-
                      dell’invasione della Polonia    ciare  un  bilancio  generale  della
                (https://it.wikipedia.org/wiki/Incidente_di_Gleiwitz)
                                                      vicenda.  La  suddivisione  dell’Alta
             Slesia  è  stata  solo  una  delle  tessere  del  mosaico  composto  dal  trattato  di
             Versailles,  su  cui  continua  ad  aleggiare  l’icastico  giudizio  del  Maresciallo
             Ferdinand Foch, capo delle forze francesi a partire dal marzo 1918: «Ce n’est
             pas un traité de paix, c’est un armistice de vingt ans» . E certo il fatto che lo
                                                                (55)
             scoppio della Seconda Guerra Mondiale abbia avuto la propria scintilla in Alta
             Slesia, con il falso assalto alla stazione radio di Gleiwitz (Gliwice) orchestrato
             dalla intelligence militare tedesca per precostituire un casus belli, rappresenta
             una  vera  e  propria  pietra  d’inciampo  per  ogni  valutazione  storiografica.
             Piuttosto, può essere utile accostare questi avvenimenti per iniziare a riflettere,
             con la opportuna profondità storica, sulle operazioni militari di pace. Tanto più
             che, come suggerito dalla dottrina giusinternazionalistica, le insurrezioni che
             hanno sconvolto l’Alta Slesia possono essere catalogate come un precoce caso
             di non-international armed conflict .
                                         (56)
             (54)  Cfr. Piero CROCIANI, Il contingente italiano in Alta Slesia, cit., p. 279.
             (55)  O almeno queste sono le parole che Paul Reynaud, che guiderà il governo francese nelle tra-
                  giche giornate del giugno 1940, gli ha voluto mettere in bocca, cfr. Paul REYNAUD, Mémoires,
                  Volume 1, Paris, Flammarion, 1960, p. 457.
             (56)  Per tutti si veda Sandesh SIVAKUMARAN, The Law of  Non-International Armed Conflict, Oxford,
                  Oxford University Press, 2012.

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