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FALSO IN BILANCIO E FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI
Il raccordo tra le variegate normative che si occupano di questa tipologia
di reato permette di osservare come le conseguenze materiali, verso le persone
e gli enti, vadano ben oltre le sanzioni penali, peraltro già ben presenti nei
disposti civilistici.
Ed è proprio in tal senso che si prospetta, dunque, l’esigenza di esaminare
la fattispecie in oggetto secondo il profilo normativo del D.Lgs. 231, e pertanto
come questi delitti possano cagionare la responsabilità amministrativa degli
enti, anche in considerazione di quanto previsto, appunto, dallo specifico richia-
mo operato dall’articolo 25-ter del citato decreto, oltre che a comprendere quali
altre interdipendenze e connessioni vi sono con le altre norme che regolamen-
tano la fattispecie.
Mettendo insieme quanto disciplinato dal Codice Civile e quanto disposto
dal D.Lgs. 231 risulta evidente l’intento del Legislatore di attrarre nei profili di
responsabilità - per i reati di false comunicazioni sociali (e il bilancio è uno stru-
mento di comunicazione) - soggetti al di là delle persone fisiche (che sono puni-
bili con la privazione della libertà tramite la reclusione) andando a punire anche
l’ente presso cui le persone, le quali hanno operato in tal senso, svolgono la pro-
pria attività lavorativa o gestoria.
La connessione tra Codice Civile e D.Lgs. 231 è ancora più stringente se
soppesata tramite le considerazioni contenute nella Sentenza n. 22474/2016
della Corte di Cassazione a Sezioni Unite che individua tre ipotesi di falso:
- oggettivo, qualora l’esposizione non veritiera o la mancata esposizione
attenga a valori numerici certi;
- valutativo, se l’allocazione non veritiera o mancante pertenga elementi
che necessitino di una valutazione ex ante;
- qualitativo, nel caso in cui la falsità legata alla qualificazione delle poste di
quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o
nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico consapevolmente espongono
fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comu-
nicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della
società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo a indurre
altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da tre a otto anni.
Alle società indicate nel comma precedente sono equiparate:
1) le società emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una richiesta di
ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese
dell’Unione europea;
2) le società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema multila-
terale di negoziazione italiano;
3) le società che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione
in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea;
4) le società che fanno appello al pubblico risparmio o che comunque lo gestiscono.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche se le falsità o le omissioni
riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
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