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ASSOCIAZIONISMO DELINQUENZIALE FINALIZZATO
AL COMPIMENTO DI ATTI DI TERRORISMO
vittima-obiettivo delle stesse; verosimilmente a causa dei non univoci segnali
provenienti dai soggetti direttamente coinvolti nelle vicende. Si pensi agli avve-
nimenti susseguenti il marzo 2004: a distanza di solo un mese dai giorni che
sconvolsero la Spagna, la Policia riuscì ad entrare in possesso di documenti
rivendicativi, tra l’altro piuttosto eloquenti, dai quali emersero elementi suffi-
cienti per parlare di un’evoluzione fenomenica da un lato e della politica terro-
ristica dall’altro .
(1)
Da elementi come questi è derivato il diffondersi di una cultura orientata
alla classificazione errata del fenomeno e il conseguente snaturamento degli
strumenti di reazione al crimine. Tre sembrano essere i principali fattori: la bel-
licosità del fenomeno, la nazionalità dello stesso, il conseguente adeguamento
politico occidentale. Ci si riferisce, innanzitutto, al tentativo - incessante e cre-
scente - di far trasparire l’idea che l’Europa si sia trasformata in un campo di
battaglia. A coloro i quali hanno tentato un’obiezione empirica e sistematica,
sottolineando come guerra e crimine restino due concetti diversi, coniugabili
ma non sovrapponibili (“crimini di guerra”), si è risposto negando le peculia-
rità dei due fenomeni al fine di connotarli unitariamente alla luce dell’unico
comune denominatore delle modalità violente delle condotte. Come a dire il
terrorismo, questo terrorismo, è guerra poiché si manifesta tramite atti conno-
tati da un eccezionale tasso di violenza, violenza che - storicamente - è propria
della guerra. A sostegno di tale tesi sono state spese le argomentazioni a base
della recente autoproclamazione dell’IS, la quale ha contribuito a dare l’impres-
sione che si fosse in presenza di una contrapposizione non solo culturale, ma
propriamente statuale; elemento questo sì riconducibile alla guerra propria-
mente intesa.
Questa contrapposizione di orientamenti ha condotto gli Stati europei
all’errata convinzione che - almeno ab origine - gli stessi fossero bersagli indivi-
duali del “nemico”, il quale a sua volta si caratterizzava per essere unitario nel-
l’obiettivo ma non nell’organizzazione secondo la cosiddetta “nazionalità del
fenomeno”; tale caratteristica in realtà risultava evidentemente errata già
all’epoca degli avvenimenti di Madrid poiché, e fu subito noto, i membri della
cellula responsabile dei fatti verificatisi l’11 marzo ottennero supporto logistico
da un loro “fratello” in Belgio, quindi dimostrando come già allora la rete ter-
roristica fosse tutt’altro che nazionale, avendo i criminali dato luogo ad una vera
e propria collaborazione internazionale tra soggetti provenienti dal Medio
Oriente e soggetti nati e cresciuti nella culla europea.
(1) Nella rivendicazione, infatti, si legge: “Per questo motivo la cellula di Al-Andalus ha deciso
di non muoversi finché le truppe spagnole non si saranno ritirate dal quartier generale musul-
mano senza condizioni”.
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