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CARABINIERI DA RICORDARE













                                        IL MARESCIALLO DANIELE FERRARI



            “Arrendetevi!”, gridai ancora una volta. Ma tutto fu inu-
            tile, continuarono a venire avanti. Esitai ancora qualche
            attimo; non volevo dare l’ordine che avrei dovuto. I miei
            soldati si erano messi in ginocchio a terra ed avevano pun-
            tato i fucili. Anche a loro tremavano le mani, in attesa
            dell’ordine che sarebbe venuto. “Arrendetevi!” gridai ancora
            una volta, Ma fu tutto inutile; continuavano a venire
            avanti e forse non ci vedevano nemmeno. “Fuoco!”. Appena
            la nuvola di polvere causata dagli spari si levò, davanti a
            noi non c’era è più nessuno, tutti morti!».
            Da Culqualber tornarono a casa solo sette Carabinieri,
            tra i quali Daniele Ferrari. La situazione in quella bat-
            taglia divenne talmente drammatica che il carabiniere
            dovette prendere il comando degli ultimi superstiti ita-
            liani, perché tutti i graduati presenti erano morti. Il ca-
            rabiniere emiliano fu ritrovato dagli inglesi tre giorni
            dopo la conclusione della battaglia: era sotto un cumulo
            di cadaveri, in condizioni disperate. Al momento del
            ritrovamento aveva un «fianco squarciato da un bombar-
            damento, una scheggia gli ha portato via un frammento di
            osso iliaco, una baionetta gli ha trafitto polmone e fegato,
            il calcio di un fucile gli ha fratturato setto nasale e costole;
            ferite minori si contano su tutto il corpo», come si legge
            sulle carte conservate dai familiari e sulla relazione del
            colonnello già comandante della ‘difesa di Culqualber”
            Augusto Ugolini. In una dichiarazione autografa, Da-
            niele Ferrari dichiarò anche di aver avuto come “com-
            pagno”  di  convalescenza  il  sergente  Bono  Antonio,
            che fu con lui nella stessa ambulanza e poi nel letto
            dell’ospedale.  Ferrari  fu  assistito  dai  medici  inglesi,
            prima nell’ospedale di Gondar e poi Decameré, per
            essere successivamente trasferito nel campo di prigio-
            nia di Zonderwater per la convalescenza. Per il suo
            valore e coraggio venne nuovamente decorato con la
            Medaglia d’argento al valor militare con la seguente
            motivazione: «Per oltre otto mesi in linea, dava prova di
            valore, alto spirito di sacrificio e attaccamento al dovere.
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