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LA MAFIA A OSTIA. QUANDO TUTTO APPARE DIVERSO



                    Per quanto la raccolta delle informazioni e delle testimonianze fosse stata
               decisiva per la costruzione di un primo patrimonio conoscitivo, va però sotto-
               lineato che molto contarono nel generare interrogativi e convinzioni anche i
               segnali del contesto quotidiano, sempre importanti in quel particolare processo
               di  apprendimento  che  la  sociologia  chiama  di  “osservazione  partecipante”.
               Dovendo riferire gli elementi che la semplice vita da “stranieri” a Ostia consen-
               tiva di cogliere nella realtà sociale che ci ospitava possiamo più precisamente
               indicare:
                    a)l’assoluta anomalia, sul piano nazionale, di un litorale infinito - undici
               chilometri - sequestrato alla pubblica vista (allora faceva eccezione provvisoria
               solo un lido la cui gestione era stata vinta su bando da due associazioni, Libera
               e Uisp);
                    b)l’evidente controllo del territorio esercitato nei quartieri più degradati da
               gruppi di individui attenti e diffidenti verso qualunque arrivo o presenza di sco-
               nosciuti;
                    c)la massiccia e sfrontata evasione fiscale praticata negli esercizi balneari,
               riottosi a fornire documentazione delle avvenute consumazioni anche ai clienti
               che ne facessero richiesta;
                    d)il  complessivo  clima  di  insicurezza  che  aleggiava  nei  quartieri,  e  che
               portò per la prima e unica volta nella storia delle università itineranti ad adottare
               alcune specifiche misure:
                    1)fare dormire insieme gli studenti all’interno di una scuola con la dispo-
               sizione di chiudere ogni accesso dopo l’una di notte;
                    2)invitare gli stessi studenti a non muoversi isolatamente;
                    3)chiedere una sorveglianza mobile al locale Comando dell’Arma.
                    Tali  misure  erano  suggerite  d’altronde  dalle  notizie  di  stampa  circa  le
               aggressioni e intimidazioni nei confronti di esponenti del movimento antimafia,
               data la frequentazione, da parte degli ospiti milanesi, dei giovani che avevano da
               poco partecipato come pubblico o come parte civile (l’associazione Libera) al
               processo contro il potente clan Fasciani, conclusosi con la prima importante
               condanna di esponenti di quella famiglia.
                    Se i dati di realtà suindicati colpivano gli osservatori, ancor più colpiva il
               fatto che essi fossero possibili. Poiché se riuscivano a coglierli occhi vergini e
               privi di alcuna responsabilità pubblica, a maggior ragione potevano coglierli gli
               occhi di chi, con un proprio corredo di esperienza professionale o istituzionale,
               in quella particolare area di Roma abitava e/o su di essa era chiamato a eserci-
               tare qualche forma di pubblica autorità. Di fronte a quale tipologia di società
               urbana ci trovavamo?


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