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TRIBUNA DI STORIA MILITARE



                    I movimenti di brigate fuori del proprio dipartimento dovevano essere
               autorizzati dal governo, salvo il caso di inseguimento di briganti, assassini o rei
               di gravi reati. I capitani e tenenti erano soggetti all’autorità giudiziaria per i ser-
               vizi di polizia giudiziaria.
                    Gli ufficiali di gendarmeria erano subordinati soltanto ai generali coman-
               danti nella rispettiva giurisdizione, con obbligo del colonnello e dei capisqua-
               drone di tenerli al corrente della situazione della sicurezza pubblica.
                    Gli eventuali spostamenti delle brigate dovevano essere autorizzati con
               decreto prefettizio. I comandanti della GN e della FA non potevano in alcun
               modo interferire nei servizi della gendarmeria né tanto meno distoglierla dai
               compiti d’istituto.
                    In caso di necessità gli ufficiali di gendarmeria potevano richiedere un
               numero adeguato di militari della FA o della GN, dietro esibizione dell’ordine
               originale e richiesta scritta ai comandi competenti.
                    In caso di concorso con la GN e la FA, la gendarmeria prendeva la destra
               e formava sempre la testa della colonna. Il comando era esercitato dall’ufficiale
               più elevato in grado e, a parità di grado, da quello di gendarmeria. Il comandan-
               te appartenente ad arma diversa era però tenuto ad eseguire gli ordini impartiti
               all’ufficiale di gendarmeria.
                    Il corpo era ordinato su dodici compagnie, con proprio stendardo, riunite
               in cinque squadroni, tre al di qua e due al di là del Po. La compagnia del Lario
               (Como)  aveva  giurisdizione  anche  sull’Adda  (Valtellina)  e  quella  del  Mincio
               (Mantova) anche sull’Adige (Verona). Ciascuna compagnia aveva un proprio
               consiglio d’amministrazione, composto dal caposquadrone (ove residente nella
               stessa sede della compagnia), dal capitano, dal tenente più anziano e da tre mili-
               tari dei vari gradi (maresciallo, brigadiere e gendarme). Segretario e cancelliere
               era il maresciallo capo quartiermastro e al consiglio assisteva il commissario di
               guerra del circondario.
                    Il consiglio rendeva conto, annualmente, ad un consiglio d’amministrazio-
               ne straordinario presieduto dal colonnello comandante e composto dal coman-
               dante militare e dal commissario di guerra del circondario, da due membri del
               consiglio di prefettura e dal commissario del potere esecutivo presso il tribunale
               criminale (ossia il procuratore della Repubblica).

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