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INSERTO
Ridicolizzare e denigrare la vittima davanti agli altri mette in dubbio la per-
sona e la pone nella condizione di attacco e aggressività anche da parte di altri,
aprendo così la porta a una violenza esercitata non solo da un singolo ma da un
interno gruppo.
Un esempio di queste situazioni lo troviamo spesso all’interno del mondo
scolastico, dove avvengono atti che si traducono non solo in bullismo o cyber-
bullismo, ma più finemente in esclusione sociale e isolamento, in cui la persona
viene condotta subdolamente giorno dopo giorno, ritrovandosi completamente
relegata a sé stessa, sviluppando la convinzione di essere “diversa” dagli altri.
Si vuole che la persona si annulli completamente all’interno di un sistema
che non solo non le appartiene, ma che non la vuole, non l’accetta per il proprio
valore o per le qualità di vita e di comportamento.
Questi tristi casi risultano una litania di violenza che si può considerare
come la cronaca di una morte annunciata del proprio sentire e del proprio sé,
dove per riemergere da tale violenza è necessario un lavoro importante di recu-
pero psicologico.
5. La consapevolezza della comunicazione violenta
Nella diffusione del linguaggio odioso prevale spesso la mancanza di con-
sapevolezza dell’utilizzo delle parole, quasi non fossero mai importanti, “una
ricerca pubblicata nel 2020 condotta nell’ambito dei college statunitensi ha messo
in relazione il proliferare di discorsi d’odio nelle comunità studentesche online
con un incremento dello stress, con conseguenze diverse, più o meno gravi” .
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Certamente questi segnali di allarme sono importanti perché ci rimandano
a una riflessione che deve trovare soluzioni per arginare il disastro comunicativo
a cui è sottomessa la comunità sociale. Vi è un rapporto di gravità e fragilità in
relazione ai discorsi d’odio che non può passare inosservato.
Ricerche pubblicate nel 2018 da Aggressive Behavior mettono in luce
come l’essere esposti a discorsi d’odio, produce nel tempo desensibilizzazione
nei confronti degli stessi, tanto da fomentare pregiudizi e distanze nei confronti
delle vittime.
I discorsi d’odio non sembrano appartenere a esclusive categorie sociali,
ma ciò che è emerso da uno studio che coinvolge l’Università Cà Foscari di
Venezia assieme ad altri istituti di ricerca è la trasversalità del fenomeno, ovvero
che gli utenti più inclini a usare un linguaggio offensivo e violento che riguarda
un contesto di idee e convinzioni differenti, sono quelli che tendono a infor-
marsi selezionando un gruppo di ristretto di fonti.
3 Longo, 2022, p. 25.
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