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CONFERENZE



               Informazione e comunicazione nell’era delle guerre asimmetriche:
                                   il difficile ruolo della stampa

                  È uno dei paradossi della nostra epoca: tutti parliamo di comunicazione,
             tutti pensiamo che, essendo in democrazia, si sia al riparo dalle grandi manipo-
             lazioni di massa che nel corso della storia hanno condotto ai più grandi crimini
             contro l’umanità. L’antisemitismo ha segnato, come sappiamo, lunghi periodi
             della storia politica e sociale d’Europa ma è diventato sistematico, fino a conce-
             pire l’orrore dell’Olocausto, grazie al sostegno decisivo di una propaganda par-
             ticolarmente  efficace  e  pervasiva  come  quella  del  regime  neonazista.  Senza
             Goebbels, Hitler non avrebbe potuto realizzare i suoi agghiaccianti piani. Le
             tecniche utilizzate all’epoca si rivelarono particolarmente efficaci e innovative e
             la loro forza persuasiva risultò amplificata dall’assolutismo assicurato dal regime
             dittatoriale. Quando non c’è democrazia ma una sola verità, il messaggio passa
             senza  filtri,  senza  contraddizione,  è  totalizzante  e  per  questo  si  dimostra,
             soprattutto nei primi anni di un regime, particolarmente efficace. Le dittature
             ricercano e promuovono le tecniche per irreggimentare le masse, che vengono
             sottoposte a lavaggi del cervello collettivi, a cui solo poche, coraggiose e lucide
             menti  riescono  a  sottrarsi,  pagando  un  prezzo  sovente  altissimo.  Lo  stesso
             avvenne sotto Stalin, sotto Mao: ogni dittatura è accomunata dalla massimizza-
             zione della propaganda quale elemento indispensabile per la propria esistenza e
             per la realizzazione dei propri piani.
                  In democrazia, invece, fortunatamente, non si impone mai una sola voce
             e ai cittadini è sempre data la possibilità di confrontare opinioni articolate e dif-
             ferenti. La nostra libertà e la nostra capacità di sviluppare coscienze critiche col-
             lettive rappresentano una delle più belle conquiste comuni, che sanciscono la
             superiorità del nostro sistema politico, benché imperfetto, e il suo anelito verso
             una società davvero umana e rispettosa di ogni singolo cittadino. Ma siamo
             sicuri che la democrazia sia al riparo da forme di condizionamento collettive?
             E siamo certi che la nostra epoca, segnata dall’informazione 24 ore su 24, che
             ha ritmi e logiche bulimiche, permetta ai cittadini di essere più informati di
             prima? E infine: la stampa adempie in modo ottimale alla propria missione?
                  Da giornalista dovrei rispondervi: certo, la stampa è al servizio del lettore.
             E dovrei procedere alla difesa d’ufficio della categoria, ricorrendo, come da
             copione, ad argomentazioni così comuni da diventare retoriche. Ma non sarei
             sincero con me stesso e dunque non avrei la coscienza a posto. In realtà da oltre
             un decennio evidenzio, anche con studi a livello accademico - esposti nel mio
             saggio «Gli stregoni della notizia» pubblicato nel 2006 e ampliato e aggiornato
             nell’atto secondo uscito nel 2018 - quelli che consideravo e considero ancora


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