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CRONACHE DI IERI
Il fazzoletto era stato
sequestrato ad un calligrafici, attraverso le perizie effettuate dai grafologi
giovane cocchiere forensi, il Colonnello Vincenzo Caiazzo, attualmente
Capo Ufficio OAIO della Legione Carabinieri Cam-
diciannovenne che, pania e il dottor Giuseppe Santorelli, che hanno
attribuito al Savino la paternità del pizzino con assoluta
certezza scientifica. Il reperto contiene i versi di una
simulando una rissa, canzone, La canzone di Amelia la disgraziata, apparen-
temente dedicata ad una ragazza stuprata da un medico
si era fatto arrestare condotto, sedotta e abbandonata, ucciso per riparare al
delitto d’onore di cui si era macchiato. La realtà che
invece racconta il pizzino, scoperto dopo 118 anni da
in modo pretestuoso un carabiniere, il Brigadiere Vito Stefano de Carolis,
ricercatore e appassionato di storia, autore del saggio
al solo fine di essere “Con un piede nella fossa, storie di malavita e camorra
barese, 1861-1914”, patrocinato dal Comando Generale
dell’Arma dei Carabinieri, ricontestualizza storicamente
detenuto nello stesso il reperto, lo interpreta attraverso il Glossario della mala
vita o lengua sdreuse (lingua equivoca in dialetto barese),
carcere dove parlata a quell’epoca dai malavitosi, svela una storia
diversa e consente l’esatta ricostruzione storica di un
scontava la pena omicidio eccellente che si voleva derubricare e giustifi-
care come delitto d’onore.
L’antefatto è una consulenza medico-legale che il dottor
Mauro Savino, capo Michele Introna, consulente del Tribunale di Bari, era
stato incaricato di redigere sul ferimento di un malavi-
camorrista ai vertici toso, tale Coccolino, il primo pentito della malavita
barese, per mano del boss Savino. La relazione peritale,
adeguatamente considerata in sede processuale, aggravò
della mala vita la posizione del boss, con conseguente prolungamento
della pena da scontare. Il mafioso, il cui temperamento
barese, per sanguinario, prepotente e vendicativo già evidenziato dai
carabinieri era noto a tutti perfino a livello nazionale,
decise di farsi giustizia, per vendicarsi e per lanciare agli
avvicinarlo e acquisire affiliati un chiaro messaggio mafioso sul comporta-
mento opportuno e consigliato da adottare verso il boss.
ordini da diffondere Organizzò l’omicidio del giovane dottor Michele
Introna, che eseguì personalmente, coadiuvato dal
fuori dal carcere nipote Martino, precostituendosi un piano per scredi-
tarne l’onore, costruendo un castello di accuse false e
creando per sé attenuanti processuali riconducibili nel-
52 NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 6 ANNO IV