Page 24 - Silvae MAggio Agosto
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di delitti, non essendo affatto richiesto che i solidali li pongano
effettivamente in essere, né tantomeno che l’attività delittuosa raggiunga
determinati livelli quantitativi rispetto all’esercizio delle funzioni lecite
dell’ente. Inoltre, l’apparente bassa incidenza dell’ attività illecita risente
inevitabilmente della durata delle investigazioni e anche dell’andamento
del settore oleario, soggetto a forti variazioni a seconda dell’annata.
In definitiva, il calcolo di una percentuale di masse olearie non conformi
rispetto a quelle lecitamente trattate, oltre ad apparire sostanzialmente
indifferente ai fini della sussistenza del delitto associativo, si basava su
dati parziali e non comparabili tra loro.
L’ipotesi contestata non era, dunque, un mero concorso di persone nei vari
reati descritti, ma si trattava di una vera e propria associazione per
delinquere, la cui pericolosità era data proprio dalla esistenza di un piano
criminoso, pienamente conosciuto e condiviso dai componenti, volto alla
stabile commissione di reati di frode in commercio mediante l’avvalimento
di una struttura organizzata.
Unitamente vi era anche la contestazione della responsabilità
amministrativa dell’ente ex D. Lgs. 231/2001.
Nella sentenza di secondo grado , la Corte d’Appello di Firenze ha assolto,
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ai sensi del dell’art. 530 c.p.p. , gli imputati dal reato associativo per difetto
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di prova adeguata, in quanto “occorre non confondere il requisito
dell’organizzazione dell’associazione criminale con la struttura operativa lecita di
un ente preesistente, atteso che altrimenti qualsivoglia attività plurisoggettiva
illecita commessa esercitando una impresa per ciò solo configurerebbe una
associazione penalmente rilevante ai sensi dell’art. 416 c.p.”.
La sentenza, unitamente alla giurisprudenza precedente, afferma che nel
caso specifico, al fine della configurazione dell’associazione per delinquere,
bisognava verificare se gli imputati avessero proceduto a indirizzare
in modo generale l’attività della società per scopi criminali, distorcendone
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23 Corte d’appello di Firenze, Sez. II Penale, 22 settembre 2020, n. 2766, V. e altri, inedita.
24 Sentenza di assoluzione: “se il fatto non sussiste, se l’imputato non lo ha commesso, se il fatto non
costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato commesso da persona
non imputabile o non punibile per un’altra ragione, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione
indicandone la causa del dispositivo. (…”).
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