Page 25 - Silvae MAggio Agosto
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la  struttura  e   il  funzionamento,  ovvero  se  gli  stessi  avessero  creato uno
               specifico  e  autonomo  organismo  ad  hoc  rispetto  alla  medesima  società,
               ovvero una parallela attività dotata di autonoma operatività delittuosa.
               In caso contrario, i fatti incriminati sarebbero corrisposti più  a   proiezioni
               criminose  soggettive   dei  singoli  componenti  della  struttura operativa
               lecita dell’impresa, più correttamente qualificabili come “reati fine” di una
               associazione.  Inoltre, le false  registrazioni al S.I.A.N.  e l’occultamento della
               documentazione extracontabile non sono apparse, alla Corte, caratteristiche
               riconducibili esclusivamente ad una “societas sceleris”, risultando compatibili
               anche con un concorso di persone nel reato continuato.
               Il Collegio revocava, altresì, la condanna ex art. 24-ter D.lgs. n. 231/2001
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               mediante l’assoluzione della società in quanto non è stata ritenuta idonea
               l’erogazione del minimo  edittale  giustificato  dalla  parzialità  dei  dati
               investigativi e dalla minima percentuale di attività illecita accertata rispetto
               a quella lecita, trattandosi di argomentazione palesemente in contrasto con
               il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza.
               La Corte ha assolto, inoltre, gli imputati per le frodi in commercio c.d. all’
               attualità,  per   insussistenza  del  fatto,  in   quanto   le   captazioni durante
               le indagini  che  hanno  consentito  di   appurare  le  difformità relative   alla
               qualità  e  alla  provenienza  geografica,  tra  i  dati evincibili dai documenti
               di  trasporto  e  di  vendita  e  quelli  relativi  alle  masse  confluite  nelle
               miscelazioni, erano state disposte per il reato associativo, come detto non
               riconosciuto dalla Corte.
               A tal proposito, l’art. 270, comma 1, del Codice di Procedura Penale afferma
               che “i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti
               diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per
               l’accertamento  di delitti per i quali è  obbligatorio l’arresto  in flagranza”, e quindi
               non sono utilizzabili nel caso specifico dell’art. 515 c.p., in quanto lo stesso
               non prevede l’arresto in flagranza.

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               25  Rubricato Delitti di criminalità organizzata: “In relazione alla commissione di taluno dei delitti di
               cui  agli  articoli  416,  sesto  comma,  416-bis,  416-ter  e  630  del  codice  penale,  ai  delitti  commessi
               avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività
               delle associazioni previste dallo stesso articolo (…) si applica la sanzione pecuniaria da quattrocento a
               mille quote. (…)”.


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