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NOTA BIBLIOGRAFICA SULLA PRIGIONIA DURANTE LA GRANDE GUERRA
Com’è noto il primo tentativo
postbellico di stabilire una giurisdizione
internazionale sui crimini di guerra si
esaurì coi simbolici processi di Lipsia
(1921-27) a carico di 17 militari tedeschi
di infimo grado , e pure le recrimina-
(12)
zioni italiane contro gli Imperi Centrali
si spensero rapidamente, considerati i
diffusi pregiudizi negativi, l’ostilità della
stampa nazionalista, il silenzio di quella
socialista e il disinteresse del governo
italiano nei confronti dei propri soldati
prigionieri in mano tedesca e austriaca .
(13)
Senza contare che il trattamento dei pri-
gionieri austro-ungarici e tedeschi in
mano italiana, come pure degli internati
e dei civili delle province invase dalle
forze italiane (in parte deportati
di quattromila pagine, sono relazioni preliminari sui risultati dell’inchiesta fino al 31 marzo
1919, Vol. I, roma, Tipografia della Camera dei Deputati, 1919 e altri sette pubblicati dalla
Casa editrice d’arte bestetti & Tuminelli, Milano-roma, 1919-1921: I La partecipazione della
Germania; Danni ai monumenti; II Mezzi illeciti di guerra; III, Trattamento dei prigionieri
di guerra e degli internati politici; IV L’occupazione delle province invase; V Legislazione e
amministrazione del nemico nelle province invase; VI Documenti raccolti nelle province
invase; VII Sottoscrizione forzosa di prestiti di guerra nelle provincie redente.
(12) Di cui sette per maltrattamenti di prigionieri francesi e inglesi (4 condannati a detenzione da
6 mesi a due anni, gli altri prosciolti). MArIo PISANI, La grande guerra, i crimini di guerra e i pro-
cessi di Lipsia, CRIMINALIA, 2008, pagg. 53-70. CLAUD MULLINS, The Leipzig Trials. An Account
of the War Criminals’ Trials and a Study of German Mentality, London, h. F. and G. witherby,
1921. DANIeL J. MCCArThY, The Prisoner of War in Germany: the care and treatment of the prisoner
of war with a history of the development of the principle of neutral inspection and control. Moffat, Yard
and Co., 1918. heATher JoNeS, Violence Against Prisoners of War, Britain, France and Germany
1914-1920, Cambridge 2011.
(13) Per scoraggiare la temuta diserzione al nemico, il governo italiano non forniva aiuti di Stato e
limitava perfino l’invio di pacchi dono da parte delle famiglie attraverso la Commissione
Prigionieri di Guerra della Croce rossa Italiana presieduta dal senatore Giuseppe Frascara
(1858-1925). Inoltre sottoponeva a rigida censura le lettere indirizzate dai prigionieri alle fami-
glie, sia per evitare la diffusione di notizie demoralizzanti sia per scoprire eventuali ammissioni
di trovarsi in prigionia a seguito di diserzione e non di cattura. L’anomalo atteggiamento del
governo italiano nei confronti dei propri soldati prigionieri fu stigmatizzato non solo dalla
Croce rossa ma pure dai governi alleati, tanto che nell’agosto 1918 il presidente del consiglio
Vittorio emanuele orlando dovette organizzare aiuti governativi, dandone incarico all’on.
Leonida bissolati. La discriminazione continuò anche dopo il rimpatrio: parte fu richiamata
in servizio attivo per affrettare il congedamento dei veterani, i più malandati furono occultati
alla vista della popolazione, procrastinando il loro ritorno alla vita civile e in famiglia.
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