Page 185 - Rassegna 2018-2
P. 185

LA FORZA DELLA COMUNICAZIONE. L’ARMA DELL’INFORMAZIONE




                       La forza della comunicazione. L’arma dell’informazione:
                         contatti, legami e sospetti tra due poteri-pilastro della democrazia 2.0


                    Mentre mi preparavo per la Conferenza alla Scuola Ufficiali, gentilmente
               invitato  dal  Generale  Angelo  Agovino,  cercavo  di  sintetizzare  i  rapporti  tra
               mondo dell’informazione e Forze dell’ordine. Mi è tornato in mente un epi-
               gramma di Marziale che avevo usato in tutt’altra situazione ma che si adattava
               al caso: “Non posso vivere né con te, né senza di te”.
                    I rapporti tra informazione e Forze di polizia sono sempre stati delicati in
               tutti i Paesi del mondo. E, certamente, quanto più le democrazie sono avanzate e
               dunque la stampa è forte, autorevole, libera, tanto più le interazioni con le polizie
               e le magistrature sono sensibili. L’Italia non fa eccezione alla regola. E del resto,
               se  togliamo  qualche  principio  legislativo  del  nostro  Paese,  a  cominciare  dalla
               Costituzione, il rapporto tra i due mondi ha sempre avuto un naturale andamento
               a fisarmonica: momenti di collaborazione, di freddezza, di frizione o scontro. Il
               perno intorno al quale ruota il sistema dei rapporti tra giornalisti e Forze dell’or-
               dine è sempre lo stesso: perché, come, quando e quanto è giusto informare la pla-
               tea più vasta di persone di crimini piccoli e grandi, compiuti o sventati. Di più:
               può la stampa avere un ruolo - e quando e come - nel sostenere indagini?
                    In un mondo ideale, tutto dovrebbe filare liscio, tra collaborazioni e divi-
               sioni di ruoli, ma la realtà è diversa. Napoleone diceva che “c’è da avere più paura
               di tre giornali ostili che di mille baionette”. Di contro, potremmo elencare i tanti casi
               - penso alla Turchia di oggi - in cui sono i giornalisti a temere la censura del pre-
               sidente Erdogan.
                    Fatta questa premessa e partendo dalla mia esperienza personale di gior-
               nalista del Corriere della Sera, devo dire che collaborare si può eccome! In oltre
               trent’anni vissuti in ruoli diversi nel più grande giornale italiano, devo dire che
               - fatte salve le normali tensioni che si possono creare in alcune situazioni - i rap-
               porti tra noi e voi carabinieri, ma anche polizia e guardia di finanza, sono stati
               sempre saldi ed eccellenti. Direi migliori rispetto a quelli con il complesso delle
               Procure. Perché? Senza tanti giri di parole e con franchezza, perché i rapporti
               con voi sono sempre stati improntati ad una trasparenza che è più difficile tro-
               vare - soprattutto nel caso di alcune indagini - con la magistratura. Diciamo che
               talvolta la politica ha fatto indebitamente capolino in inchieste delicate.
                    Naturalmente non sono mancati i momenti difficili, le frizioni, ma nel
               complesso si è consolidata una tradizione di collaborazione all’insegna della
               fiducia reciproca. La “sete” di notizie da parte dei media è aumentata a dismi-
               sura il che pone un problema nuovo:


                                                                                        185
   180   181   182   183   184   185   186   187   188   189   190