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NIGERIA. IL FENOMENO DELLA PIRATERIA MARITTIMA

      «La situazione è la stessa dei tempi di Ken Saro-Wiwa», spiega Elizabeth
Donnelly, ricercatrice del think-tank britannico Chatham House.

      «E una soluzione non sembra essere dietro l’angolo. Il governo nigeriano
ha ripreso i pagamenti a favore dei ribelli, sospesi nel febbraio scorso, nel
momento di maggiore recrudescenza degli attacchi. Nonostante ciò gli attentati
sono ripresi. E come arrivano soldi a qualche gruppo, ne sorge subito dopo un
altro che rivendica lo stesso trattamento e fa saltare qualche pipeline. Insomma,
un vero e proprio rebus». Nell’ultimo periodo la vasta regione meridionale nige-
riana del “Delta del Niger” è tornata ad essere teatro di un rinnovato attivismo
da parte di formazioni antagoniste di estrazione etnico-tribale. Nello specifico,
nel primo semestre 2016, a partire dal 10 febbraio, data dell’attacco al connet-
tore gasifero di Bonny Soku, si è assistito ad un massiccio incremento dei sabo-
taggi e degli attentati alle infrastrutture energetiche della regione, in maggioran-
za controllate, gestite e manutenute da compagnie straniere.

      Tra i numerosi attacchi condotti, i più significativi hanno completamente
distrutto o compromesso la funzionalità di importanti arterie idrocarburiche
nigeriane necessarie al trasporto di gas e petrolio nei siti di stoccaggio.

      A titolo di esempio il 19 febbraio 2016 è stata fatta esplodere la pipeline
Clough Creek Tebidaba Agip nello Stato Federale di Bayelsa, il 4 maggio successi-
vo è stata danneggiata la Chevron Valve Platform di Abiteye, il 31 maggio sono
stati attaccati “i pozzi di petrolio 23 e 24” di Dibi, entrambi della Chevron, tra
l’1 e il 3 giugno una serie di attacchi coordinati ha neutralizzato diversi oleodotti
e gasdotti negli Stati Federali nigeriani di Bayelsa e Delta.

      Gli effetti di queste azioni sono stati devastanti, in quanto hanno costretto
la Chevron ad interrompere qualsiasi attività estrattiva e commerciale per una
settimana e hanno fatto calare la produzione petrolifera nigeriana di circa
600mila barili al giorno, da 2,2 a 1,6 milioni, minimo storico degli ultimi venti
anni. L’impatto sull’economia di Abuja, capitale nigeriana, dipendente al 70%
dalle esportazioni di greggio, è quantificabile in perdite per oltre ventotto milio-
ni di dollari giornalieri e in una contrazione dello 0,36% del PIL. Quest’ultimo
dato appare preoccupante se si considerano i tassi medi di crescita del Paese,
oscillanti intorno al 6% nell’ultimo quinquennio(32).

(32) - https://www.cesi-italia.org/articoli/611/una-nuova-escalation-nel-delta-del-niger

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