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I MARTIRI DI FIESOLE



















                       Avevano  vent’anni  o  poco  più,  Alberto  La  Rocca,  Fulvio  Sbarretti  e  Vittorio
                       Marandola, quell’agosto di ottanta anni fa in cui la vita li pose di fronte alla scelta
                       più ardua: salvare se stessi, lasciando che dieci ostaggi fossero fucilati da nazisti
                       desiderosi di trovare un capro espiatorio per le azioni messe in atto da quei gruppi
                       partigiani di cui gli stessi carabinieri avevano scelto di condividere gli obiettivi,

                       oppure immolarsi sull’altare di un iniquo sacrificio, permettendo a dieci innocenti
                       di conoscere quello che loro non avrebbero saputo mai: cosa significa invecchiare.
                       Scelsero la seconda opzione, i tre militari che la storia ricorda come i Martiri di
                       Fiesole. Lo fecero a testa alta, come rileva il titolo di una fiction televisiva a loro
                       dedicata, sostenuti non solo dai valori in nome dei quali avevano scelto di combattere
                       dalla parte giusta della storia, quella della libertà, ma anche dalla loro fede incrollabile

                       nell’umanità. L’umanità di chi, anche in un mondo dilaniato dalla guerra e dalla
                       brutalità, anche quando ogni punto di riferimento è perduto e l’unico senso di
                       fratellanza  possibile  è  quello  di  chi  condivide  la  propria  mortalità,  decide  di
                       dimostrare a sé stesso e a chi verrà dopo di lui che essere umani è sempre possibile,
                       che compiere un gesto di solidarietà e di altruismo, seppure a costo della vita, è più

                       importante che difendere il proprio diritto al domani.
                       Tutto questo ci hanno insegnato tre carabinieri di vent’anni. E a noi, che di questo

                       esempio ci sentiamo, indegnamente, figli, non resta che raccontarlo a voi, lettori di
                       questo numero speciale del Notiziario Storico dell’Arma dei Carabinieri.

                       Perché preservarne la memoria è il primo Dovere che il loro sacrificio ci impone.





                                                                                           Gen. C. A.  Teo Luzi
                                                                  Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri














                                                                 NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. SPECIALE ANNO IX   3
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