Page 2 - Forestale N. 59 novembre - dicembre 2010
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                                                           EDITORIALE



          L’anno che verrà


               anno che si conclude è stato dedicato dalle Nazioni Unite alla biodiversità mentre, in un’i-
               deale linea di continuità, il 2011 sarà l’Anno Internazionale delle Foreste. Ancora una volta
          L’ quindi il Corpo forestale dello Stato sarà in prima linea per riaffermare il valore dei nostri
          boschi, importanti serbatoi di carbonio, che devono essere ben gestiti per poter rappresentare
          una risorsa vera per il Paese e una polizza assicurativa contro il dissesto idrogeologico.
          Serve una politica forestale attiva che guardi al futuro, perché non è più tempo di gestione pio-
          nieristica dei boschi, ma bisogna valorizzare le competenze che il nostro Paese ha in questo
          settore.
          Rispetto agli anni Cinquanta è raddoppiata in Italia la superficie forestale, da 5 a oltre 10 milioni
          di ettari. Ormai un terzo della superficie nazionale è coperta da boschi, percentuale paragonabi-
          le a quelle del centro e nord Europa. Questo è dovuto in parte anche agli interventi di
          forestazione, condotti dallo Stato e dalla Forestale nel dopoguerra.
          Da allora, da quei rimboschimenti a conifere, è mancata una spinta propulsiva, un’investimento
          massiccio per i boschi. Si è pensato che il compito fosse ormai assolto e che spettava alla natu-
          ra riguadagnarsi gli spazi sottratti, e infatti i terreni non più coltivati sono stati riconquistati
          spontaneamente dai boschi.
          Eppure, l’Anno Internazionale delle Foreste arriva a ricordarci l’importanza sempre attuale della
          forestazione e della gestione forestale. Occorre una comune strategia europea che sappia effica-
          cemente rispondere al ruolo multifunzionale del bosco nella società attuale.
          Andrebbero aiutati, ad esempio, i nostri boschi di conifere piantati dagli uomini ad evolvere verso
          boschi di latifoglie, come avviene in maniera naturale seppure molto lentamente.
          Il bosco per il Forestale non è quello pettinato e patinato che popola l’immaginario collettivo:
          quella che appare una selva disordinata è spesso più naturale dell’ambiente che consideriamo
          tale, influenzati dalla televisione e dall'artificialità alla quale purtroppo ci siamo abituati.
          Abbiamo fatto l’abitudine alla copia quando abbiamo l’originale, dimenticando cos’è la bellezza.
          Vogliamo sempre più boschi e desideriamo che siano vissuti dalla popolazione. Solo così non
          cadranno vittima degli incendiari o delle speculazioni. Boschi per l’uomo quindi, che li sappia
          apprezzare nella loro complessità, senza banalizzarli.
          Gli studi condotti dalla Forestale sul legno morto ci ricordano, ad esempio, quanto anche questo
          sia un elemento importante per la biodiversità. Non devono essere solo le riserve della Forestale
          o le zone di riserva integrale dei parchi nazionali a conservare esempi di questo tipo di bosco.
          Guardiamo al futuro e alle nuove sfide poste dalla conservazione della biodiversità e dalla lotta
          ai cambiamenti climatici, forti del lavoro svolto nei primi 188 anni di vita del Corpo.
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