Page 46 - Rassegna 1-2016
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STUDI GIURIDICI

      da allora si sono registrati molti sviluppi che oggi rendono l’analisi dei
polimorfismi del dna un metodo sempre più sofisticato ed efficace nel campo
delle scienze forensi. Il metodo di analisi denominato Southern Blot, impiegato da
Jeffreys nella vicenda delle due ragazze uccise nel leicestershire, presentava però
due criticità. la prima era legata alle sequenze ripetitive di dna, considerate
molto lunghe in termini di coppie di basi (o nucleotidi, i singoli “mattoncini” che
costituiscono la catena del dna), per cui facilmente degradabili in relazione a
fattori atmosferici, batterici e di età della traccia. la seconda, invece, era ricon-
ducibile alla necessità di disporre di rilevanti quantità di dna, non sempre pre-
senti nelle piccole tracce su cui normalmente si lavora in ambito forense.

      Questo problema fu risolto da un chimico americano, Kary mullis, che tra
il 1983 e il 1986 sviluppò e rese di pratico impiego la tecnica della pCR
(Polimerase Chain Reaction). Impiegando in maniera opportuna un enzima, mullis
fu in grado di replicare, per un numero infinito di volte, specifici frammenti di
dna. Questa scoperta gli valse il premio nobel per la Chimica nel 1993.

      In Italia il primo caso giudiziario in cui è stata applicata l’indagine del
dna in ambito forense è la strage di Capaci, avvenuta il 23 maggio 1992 per
l’esplosione di una potentissima carica collocata in un cunicolo sotto l’autostra-
da trapani-palermo nei pressi dell’uscita di capaci. nell’attentato morirono
giovanni falcone, la moglie francesca morvillo e tre agenti della scorta:
antonio montinaro, Rocco di Cillo e vito schifani. nei giorni successivi alla
strage, gli investigatori individuarono, su un’altura sovrastante l’autostrada, il
luogo dove era stato attivato l’ordigno. C’erano dei mozziconi di sigaretta
lasciati per terra dai presunti assassini. a seguito di analisi comparative sulla sali-
va ritrovata sulle cicche si riuscì a risalire a gioacchino la barbera e mario
santo di matteo, due dei componenti del gruppo di fuoco. In quella circostan-
za venne impiegato il kit denominato hla-dQ-alpha, oggi usato solo per valu-
tare la compatibilità fra il donatore e colui che riceve un trapianto di organi. fu
grazie a quel kit che si riuscì a mettere il primo tassello per far luce su una delle
più efferate stragi della storia italiana.

      l’importanza e talvolta l’eccezionalità del contributo scientifico (soprat-
tutto della biologia forense) nel supporto alle indagini tradizionali in Italia la si
avverte però tra la seconda metà degli anni ’90 e i primi anni del 2000. I primi

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