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PAGINE DI STORIA
Giuseppe Gallo, Francesco Blazic, Natale Garofolin,
Ettore Ghion e Paolino Giovinazzi.
Il 19 novembre i russi lanciarono la “Urano”, prima of-
fensiva invernale, sfondando nel settore dell’Armata ro-
mena. Riuscirono così ad avviare l’accerchiamento della
6^ Armata tedesca e completarono la manovra supe-
rando anche sulla sua destra la 4^ Armata germanica.
A partire dall’11 dicembre l’Armata Rossa sferrò la
“Piccolo Saturno” investendo l’ala sinistra dell’Armata
romena, II e XXXV C.d’A. italiani e XXIX tedesco,
riuscendo a sfondare a partire dal 15 nel settore a sud
del C.d’A. Alpino, presidiato dalle italiane Cosseria,
Sforzesca e Ravenna. Qui fu inviata in rinforzo la di-
visione alpina Julia che si schierò nell’area di Nowo
Kalitwa a copertura del fianco sud del C.d’A. Alpino.
Lo storico russo Samsonov scrisse che per alleggerire
la pressione tedesca su Stalingrado fu sfruttata la mi-
nore dedizione alla causa nazi-fascista, ma anche l’ar-
mamento meno evoluto, di ungheresi, romeni e
italiani. Venne anche accreditata la tesi di una minore
capacità di resistenza delle unità italiane, ma l’Inaudi
ne “La notte più lunga”, edito dall’Ufficio Storico dello
SME, smentì l’affrettato giudizio di chi ritenne che lo
sfondamento, operato dopo soli 4 giorni, il 15, attesti
lo scarso valore delle fanterie italiane di cui si sorvola ATTILIO BOLDONI GIÀ COMANDANTE DELLA 66a SEZIONE
DELLA TORINO, IN UNIFORME DA COLONNELLO
l’assoluta inferiorità quantitativa e qualitativa di armi,
equipaggiamento, vestiario e mezzi. Del resto la storia concentrate: 10 divisioni di fanteria su 3 reggimenti,
ufficiale russa indica il 16 come inizio dell’offensiva, 13 brigate corazzate, 4 brigate di fanteria motorizzata
data in cui venne esercitato lo sforzo finale. Esso fu e 2 reggimenti corazzati. È opportuno sottolineare
massiccio e investì i resti Cosseria, Ravenna e Pasubio altri aspetti. A un reggimento italiano venivano asse-
responsabili della difesa dell’ansa di Werch Mamon e gnati fino a 10 km. di fronte, troppi in rapporto alle
del “berretto frigio”, area così denominata dalla forma forze disponibili e alle armi a disposizione. Era un’area
del corso del Don ove i russi avevano mantenuto una pianeggiante caratterizzata dalla presenza del fiume
testa di ponte sulla riva sud. Appare consequenziale Don che in pieno inverno ghiacciava e diveniva attra-
che tacendo delle azioni offensive avviate l’11, la sto- versabile a piedi in più punti, perdendo il suo valore
riografia ufficiale sovietica abbia cercato di sorvolare impeditivo. Le alture, di scarsa elevazione, non costi-
gli insuccessi iniziali o, almeno, la disperata resistenza tuivano ostacolo significativo e il clima era terribile:
che dovette essere superata. La stessa fonte, peraltro, per resistere occorreva interrarsi, costruendo ricoveri
non fa mistero che davanti al solo II C.d’A. italiano – e rifugi prima che il terreno gelasse del tutto. Se nel
3 divisioni di fanteria su 2 reggimenti – fossero state periodo estivo l’area era facilmente percorribile, in in-
10 NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 5 ANNO VI