Page 15 - Il Forestale n. 42
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Si tratta di alberi assolutamente fuori
          dal comune, grandi, alti, a volte mille-
          nari, simboli di una natura primigenia in cui il
          gigantismo era eletto a norma.
          Ognuno è diverso dall’altro, per colloca-
          zione geografica, storia e varietà, alcuni
          sono esotici, altri nostrani. Alberi che, come
          Luna, hanno un nome proprio e che posseggono tratti di
          spiccata individualità. Hanno nomi di Santi, condottieri, eroi,
          ricordano fatti storici e perpetrano le tradizioni di paesi
          e villaggi.
          Per questi campioni della vegetazione sono state coniate diverse
          definizioni: alberi monumentali, patriarchi verdi, patriarchi della natura.
          Fino al 1982 ufficialmente non esistevano, almeno come categoria,
          nessuno infatti si era ancora preso la briga di contarli uno per uno e
          di ricostruirne storie e profili. Un compito che assunse il Corpo
          forestale dello Stato, varando il primo censimento degli alberi di
          notevole interesse.
          In poco tempo i forestali, batterono boschi e giardini, paesi e
          città, montagna e campagna alla ricerca di piante singole o in
          gruppi che presentavano dimensioni notevoli per la loro specie,
          forma particolare, valori estetici e storici. Alla fine vennero alla luce
          22.000 piante: di queste 2.000 furono definite di “grande interesse” e
          150 di “eccezionale valore storico o monumentale”.
          Un patrimonio di biodiversità fatto di endemismi come quello del pino loricato, e di specie rare o
          introvabili, paragonabile per rarità e pregio a quello archeologico, icona del Paese.
          I fini del censimento non erano solo di catalogazione scientifica, naturalistica o culturale. Si voleva
          evitare che i patriarchi della natura potessero finire abbattuti oppure imbrigliati nel cemento, in
          mancanza di precise leggi che li difendessero. Dopo tanti anni, la maggior parte delle regioni si è
          dotata di strumenti normativi ad hoc, anche se a tutt’oggi una legge quadro nazionale non ha ancora
          visto la luce. Dall’Inventario escono dati particolarmente significativi. Tremila anni o forse più è l’età
          dell’albero più vecchio d’Italia, secondo la datazione compiuta con il radiocarbonio sull’oleastro di
          San Batolu di Luras in provincia di Sassari. È un gigante tanto vecchio quanto largo: 11 metri di
          circonferenza per 23 di sviluppo della chioma.
          Dubbi anche sul più alto, un primato che si contendono almeno tre alberi, tra i quali ovviamente una
          sequoia. Sono tutti sul filo dei 50 metri, tutti piuttosto giovani. Si tratta di un liriodendro in provincia
          di Como, della già anticipata sequoia, che vive in un parco in Piemonte e di un gruppetto di abeti
          dell’Appennino, vicino a Vallombrosa. L’albero in assoluto più grande, come si legge anche a pagina
          13 della rivista, è il castagno di Sant’Alfio, sulle pendici dell’Etna.
          Ed è pure vecchio, 2000 anni o forse più.


          Alberi per un anno

            l calendario del Corpo forestale del 2008 (da cui sono tratte le illustrazioni di queste pagine) è
            dedicato agli alberi monumentali. Un viaggio appassionante attraverso le storie dei patriarchi della
         I vegetazione più celebri del Paese, condotto grazie  alle tavole pittoriche di Concetta Flore e ai testi
          di Ivan Demenego.  Una boccata d’aria lunga 365 giorni, in compagnia dei patriarchi verdi più noti
          d'Italia, per celebrare il prodigio  della loro esistenza e per accendere una fiammella di nuovo
          interesse per la loro futura conservazione.

                Per prenotare e acquistare il calendario, tutte le informazioni su: www.corpoforestale.it
                                                                         Il Forestale n. 42 - 15
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