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ERBE / Buone per le streghe
LE STREGHE DI
TRIORA
A maneggiare le erbe medicinali una volta si finiva per
essere condannati per stregoneria
di Maurizio Messina e Francesca Samà
asseggiando per le strade di Roma, sono
giunto nei pressi del Pantheon dove una
libreria esponeva un titolo inquietante che
ha attirato la mia curiosità: “Il pietrificatore
P di Triora”, trecento pagine horror-noir scritte
in modo alquanto funambolico da Ippolito
Edmondo Ferrario, uomo d’arte e titolare di una
nota galleria di Milano. Sfogliandolo non ho potuto
fare a meno di andare indietro nel tempo. Mi è tor-
nata in mente una vacanza estiva trascorsa a Triora,
il borgo delle streghe, a pochi chilometri da
Sanremo. Siamo nella provincia di Imperia, vicini a
Taggia, notissima per il suo olio, dove il borgo
medioevale di Triora domina dall’alto del “monte”
Trono (circa 780 metri) la sottostante vallata.
Triora è chiamato “il paese delle streghe” per via di
un processo durato due anni, dal 1587 al 1589, con
l’accusa di stregoneria rivolta a una cinquantina di
persone, la cui documentazione è ancora conservata
nelle antiche prigioni site al piano inferiore del loca-
le museo etnografico. Le malcapitate, quasi tutte
donne sottoposte ad inenarrabili torture, furono
inviate presso il tribunale di Genova: alcune furono
scagionate, altre morirono per i supplizi subiti.
Dodici donne ed un uomo, pare, furono condannati
al rogo, ma non si sa esattamente se la sentenza fu
eseguita presso la “Cabotina” (o Casa delle streghe)
o interrotta per discordanze tra autorità civili e
religiose. In realtà la Cabotina era un semplice caso-
lare, ancora oggi visibile, dove alcune donne si
industriavano nella raccolta di erbe medicamentose.
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