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Editoriale
ALLA RICERCA
DEL TEMPO PERDUTO
di Cesare Patrone *
ais, où sont les neiges d’antan? A molti sarà forse capita-
to di avvertire talvolta l’esigenza di chiedersi - magari con
Muna punta di rammarico - dove siano finiti i bei tempi
andati. La stessa domanda se la poneva, seppure in un contesto socia-
le e temporale del tutto diverso, François Villon nelle sue “Ballades
des dames du temps jadis”. E dove effettivamente siano “le nevi del-
l’altr’anno”, è una domanda cui non sempre si è in grado di dare una
risposta plausibile, sul piano pratico non meno che sul versante del-
l’etica. Nello scorrere del tempo tutto, figurarsi le nevi, è sempre stato
sfuggente, anche se in un continuo, rinnovato inno alla vita. Il ruit hora
è tanto più sfuggente ora, nel quadrante temporale che si sta vivendo,
in cui l’ansia e la velocità, la frenesia e l’apparire condizionano l’ince-
dere e sembrano gli unici dati caratterizzanti dell’esistenza.
Altro che les neiges d’antan: dove sono i riferimenti, i capisaldi, i valo-
ri di ieri che invano oggi vengono invocati a metro della vita? Eppure,
ammaestramenti, moniti, indicazioni non mancano. È la natura stessa
ad indicarli: ma l’umanità, nel suo insieme, puntualmente li disattende.
Come quando, per esempio, l’uomo pretende di essere padrone della
montagna e l’affronta con disinvolta arroganza rischiando di mettere
a repentaglio la sua e l’altrui incolumità.
L’arroganza cui si faceva riferimento è, in linea generale, figlia di
troppo frequenti dimenticanze, o dissonanze, che l’uomo mostra di
avere nei confronti del Creato, nel disegno non di un irreale biocentri- .3
smo ma alla luce di un concreto antropocentrismo che pone però l’uo-
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* Capo del Corpo Forestale dello Stato n
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