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INSERTO
Bisogna pur ricordare inoltre che tali fatti di cronaca vedono vittimizzate
nelle aule di giustizia donne che hanno riconosciuto di aver subìto violenze dai
propri partner maltrattanti. E prima di raggiungere questo traguardo, hanno
dovuto lottare per uscire dalla condizione di violenza, di timore e di isolamento
in cui sono state costrette per anni arrivando a fare i conti con le proprie con-
dizioni psicologiche e materiali. E analizzando i casi precedenti è facile notare
come attraverso i “miti dello stupro” nell’ascolto dei testimoni, è emerso che
può essere facile per un giudice uomo o donna che sia, invalidare tali sforzi.
Il problema della cultura sessista radicata nella società è che si riflette anche
nei contesti giudiziari. Le leggi italiane e le convenzioni internazionali definiscono
una serie di strumenti e procedure che dovrebbero essere impiegate per tutelare
i diritti delle vittime di maltrattamenti e violenze di genere, e che non sempre ven-
gono rispettate. Tra questi ci sono per esempio il diritto di non subire vittimizza-
zione secondaria, quello di sentirsi al sicuro di fronte all’autorità giudiziaria, quello
di non dover rispondere a domande personali che non riguardano le indagini.
Il rischio è quello di dare origine a interpretazioni che vanno a universa-
lizzare pregiudizi e generare un’aspettativa di tolleranza sociale rispetto alla vio-
lenza chiaramente in violazione della Convenzione di Istanbul e del suo art.
12.1 che obbliga gli Stati a “eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi
altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati
dei ruoli delle donne e degli uomini”.
In questo scenario stereotipato risuona nelle aule di giustizia anche il pre-
giudizio sul comportamento degli uomini che violentano. Spesso danno per
scontato il consenso della donna perché “provocati” dal comportamento
“ambiguo” della stessa, rispetto al quale non riescono a frenare il loro istinto
virile. In realtà lo stupro non ha nulla a che vedere con il moralismo, chi lo com-
pie intende punire o porre in essere il proprio controllo per dare una lezione a
chi ha violato l’ordine .
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Questo quadro non fa altro che replicare un sistema culturale che sembra
mantenere fermo l’assetto di potere gerarchico e di assoggettamento femminile
all’uomo.
3. Conclusioni
L’affermazione della sentenza della Corte EDU secondo cui I processi e le
sanzioni penali giocano un ruolo cruciale nella risposta istituzionale alla violenza di genere e
nella lotta contro le inuguaglianze tra i sessi. Per questo è essenziale che le autorità giudiziarie
19 G. Priulla, Violate. Sessismo e cultura dello stupro, Catania, 2019.
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