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INSERTO




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             assenza di consenso è già violenza sessuale .
                  Ancora. Con la pronuncia F. C. contro Italia (148/2019) del 20 giugno
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             2022 per un caso di stupro, il Comitato CEDAW  ha rilevato che Gli stereotipi
             distorcono le percezioni e portano a decisioni basate su credenze e miti preconcetti piuttosto che
             su fatti rilevanti. Spesso i giudici adottano standard rigidi su ciò che considerano un compor-
             tamento appropriato per le donne e penalizzano coloro che non si conformano a tali stereotipi.
             Gli stereotipi influiscono anche sulla credibilità delle voci, delle argomentazioni e delle testi-
             monianze delle donne come parti e testimoni. Questi stereotipi possono indurre i giudici a
             interpretare o applicare in modo errato le leggi. Ciò ha conseguenze di vasta portata, ad esem-
             pio nel diritto penale, dove i colpevoli non vengono ritenuti legalmente responsabili per le vio-
             lazioni dei diritti delle donne, sostenendo così una cultura dell’impunità.
                  Nel caso di specie il Comitato aveva fatto notare, che la Corte d’Appello
             aveva citato come prova del consenso della vittima il fatto che il presunto autore
             del reato avesse fatto in tempo a mettersi il preservativo, per cui la vittima avrebbe
             certamente avuto la possibilità di fuggire. Il pregiudizio anche in questo caso,
             riguarda l’idea su quale atteggiamento deve assumere una vittima di stupro per
             essere credibile, su come deve essere per corrispondere all’idea di vittima “perfet-
             ta”, ma in realtà nei processi non esiste, perché ogni persona, è fatta di incertezza,
             disagio, ambivalenza, contraddittorietà, traumi, paure, rabbia, obblighi morali.
                  E inoltre nel valutare l’attendibilità del racconto di una donna che decide
             con non poche difficoltà di denunciare uno stupro, spesso non si tiene conto di
             quella reazione di paralisi momentanea, nota con il nome di freezing o rape induced
             paralisys, una sorta di “congelamento” parziale o totale del corpo, che si mani-
             festa in caso di aggressioni sessuali e che impedisce a chi le subisce di reagire.
             Questa reazione a un’azione violenta, è valutata spesso come una “non azione”
             e di conseguenza come riprova del fatto che la vittima fosse in realtà consen-
             ziente. In realtà la funzione primaria è quella di prevenire l’escalation di violenza
             e di evitare quindi che lo stupro si trasformi in femminicidio.


             15   La Corte di cassazione ha di recente ribadito che la fattispecie criminosa prevista dall’art.
                  609-bis c.p. comprende «qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorché
                  fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, o comunque coinvolgente la
                  corporeità sessuale di quest’ultimo, è finalizzato ed idoneo a porre in pericolo la libertà di
                  autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale, indipendentemente dall’ap-
                  pagamento da parte dell’agente di un istinto libidinoso» - cfr. Cass. pen., sez. III, 15 marzo
                  2022 (dep. 2 aprile 2022), n. 11624. E ancora «integra l’elemento oggettivo del reato di vio-
                  lenza sessuale non soltanto la condotta invasiva della sfera della libertà ed integrità sessuale
                  altrui realizzata in presenza di una manifestazione di dissenso della vittima, ma anche quella
                  posta in essere in assenza del consenso, non espresso neppure in forma tacita, della persona
                  offesa, come nel caso in cui la stessa non abbia consapevolezza della materialità degli atti
                  compiuti sulla sua persona». Cass. pen., sez. III, 10 maggio 2023, n. 19599.
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