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CURIOSANDO NEL MUSEO DELL’ARMA









                                                     COLT NAVY CALIBRO .36


                 La superiore capacità di fuoco, rispetto a quelle a colpo singolo, ha eletto questa pistola a re-
                 gina del West. Il caricamento avveniva frontalmente dal tamburo con un dosatore di polvere
                 nera “del tipo a fiaschetta” che versava il giusto quantitativo di carica; la palla veniva appog-
                 giata all’ingresso del tamburo e, con il “calcatore” presente sotto la canna, si pigiava il piombo
                 fino in fondo al vano camera di scoppio. Questa leva vincolata, posizionata sotto la canna,
                 consentiva di eseguire l’operazione con la stessa profondità su tutte le cariche. Ovviamente

                 le cariche venivano effettuate una alla volta e le camere che accoglievano le palle di piombo
                 erano leggermente coniche per far si che il calcatore forzasse nel caricamento, evitando di
                 farle cadere quando la pistola veniva rivolta verso il basso. Alcuni tiratori, prima di fissare le
                 capsule al fulmicotone sui sei luminelli, mettevano una ditata di grasso a tappare l’ingresso
                 del tamburo in modo da renderlo impermeabile. Il cane alla prima posizione di monta svin-
                 cola il tamburo che si può girare a mano. Il meccanismo di sparo è in singola azione quindi,
                 ogni volta che si voleva far esplodere un colpo, bisognava armare il cane di entrambe le mon-
                 tature (scatti indietro). La canna è a profilo ottagonale con un’anima a 6 rigature elicoidali
                 destrorse a passo costante. Mirino fisso e tacca di mira che compare armando il cane nella
                 sua estremità superiore. Lo smontaggio e la pulizia sono estremamente facili, così come ri-
                 chiesto dalle esigenze del polveroso west, e dal maneggio, a volte, di uomini non pratici di

                 armi, come i contadini o i negozianti. Anche se così facile da usare, questo revolver, in mano
                 a bravi pistoleri, era estremamente efficace grazie alla sua precisione. Le cariche di lancio
                 erano preventivamente dosate per evitare di sollecitare troppo il tamburo al momento dello
                 sparo. Alcuni pistoleri esperti,caricavano leggermente di più le camere sia per rendere il tiro
                 più prestante (il tiro utile era 50 metri)  sia per aumentare lo “stopping power” (potere di ar-
                 resto) della palla. Alcuni esemplari di pregio erano rifiniti in argento e oro cesellati a bulino.
                 La tecnologia applicata sulle pistole Colt non si fermò: una volta intuite le potenzialità del-
                 l’arma lo sviluppo fu progressivo e, ben presto, le Navy divennero obsolete. I revolver Colt
                 rimasero sempre all’apice della manifattura delle armi corte. Ma ci sono difetti in questa pi-
                 stola? Non si può parlare di difetti ma di scelte. Il piccolo manico ad esempio, che la rendeva
                 difficile da impugnare per un tiratore con le mani grandi o che indossasse dei guanti, di con-
                 tro ne facilitava il brandeggio per le donne che avevano la necessità di difendersi in quel duro
                 periodo. Un secondo “difetto” sta nei tempi di ricarica, che si aggirano intorno ai sei minuti
                 per un tamburo completo, forse un po’ troppo per la gestione di situazioni di pericolo. Bisogna
                 tenere in considerazione però che anche il nemico era soggetto agli stessi rallentamenti.

                 Il modello custodito al Museo si chiama “Navy” perché progettato in calibro navale “.36 colt”.






            56 NOTIZIARIO STORICO DELL’ARMA DEI CARABINIERI - N. 4 ANNO IX
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