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#Natura •101                                                         Ambiente




             l’assenza, negli ultimi 50 anni, di significativi  nonché il tasso, quest’ultimo con esemplari
             interventi selvicolturali.               ultramillenari. Nel piano arbustivo predo-
             Le nostre Faggete vetuste, in particolare  minano, in dipendenza dall’umidità, l’agri-
             quelle di Sasso Fratino e Foresta Umbra Fa-  foglio e il pungitopo mentre il piano erbaceo
             lascone, sono foreste nelle quali, a differenza  è caratterizzato dalla presenza di specie er-
             dei boschi ordinariamente utilizzati, i feno-  bacee e felci anche molto rare. La fauna è,
             meni naturali determinano la morte degli  anch’essa, estremamente ricca e rappre-
             alberi o il crollo di gruppi di individui che,  sentativa delle più importati specie presenti
             non esboscati, restano “in dote” alla foresta  in Italia, annoverando presenze che vanno
             sotto forma di alberi morti in piedi o di  dal lupo al gatto selvatico ai più grandi
             grandi quantità di legname al suolo, in  uccelli predatori come: l’aquila reale, il
             diversi stadi di degradazione. Il legno morto  nibbio bruno e il gufo reale, agli ungulati
             di questi alberi (in piedi o atterrati) svolge  quali il cervo, il cinghiale e il capriolo che,
             un’importante funzione sotto il profilo della  in Foresta Umbra e su tutto il Gargano, rap-
             biodiversità, per l’attivazione di catene ali-  presenta una vera emergenza ecologica
             mentari ormai scomparse nei boschi coltivati,  poiché si va connotando sempre più come
             legate alla presenza di microrganismi, funghi,  una sottospecie endemica.
             insetti e uccelli.
             Lo spazio che si genera nella volta del bosco  “SASSO FRATINO”
             per ogni albero caduto, permette l’arrivo al  LA GRANDE INTUIZIONE
             suolo di luce e genera la vita di nuove plan-  La singolare vicenda della sua istituzione
             tule, rendendo progressivamente eteroge-  è magistralmente raccontata nella nota
             nea e “complessa” la foresta, nella sua di-  introduttiva al pregevole volume “La Ri-
             versità strutturale, orizzontale e verticale.  serva di Sasso Fratino”, scritta da Fabio
             Nei boschi mai utilizzati, o in cui sono cessati  Clauser, decano dei Forestali d’Italia, allora
             i lavori da molto tempo, si esprime indistur-  Amministratore delle Foreste Demaniali
             bata la complessa dinamica naturale che  Casentinesi.
             perpetua la eterogeneizzazione strutturale,  “Nel 1955, seguendo il piano di gestione
             riconoscibile dalla presenza di compagini  della Foresta di Badia Prataglia del quale
             particolarmente complesse.               ero stato redattore nel 1952, ero arrivato
             Al faggio, al quale nella foresta di Sasso  come esecutore del piano stesso a dover
             Fratino spesso si consocia l’abete bianco, si  progettare il taglio del bosco sulle pendici
             associano il carpino bianco e quello nero,  settentrionali di Poggio Scali: a Sasso Fratino.
             gli aceri, il tiglio, l’olmo, il frassino e l’orniello  Mi sono trovato davanti ad un bel dilemma:
                                                      onorare il mio piano o fare, come ora si di-
                                                      rebbe, un passo indietro? Il bosco che avevo
                                                      di fronte era rimasto pressoché intatto perché
                                                      praticamente inaccessibile. Ma le nuove tec-
                                                      nologie – le gru a cavo importate dalla Sviz-
                                                      zera - rendevano possibile e conveniente
                                                      esboscare i grandi tronchi di ottimo legno
                                                      da quelle pendici fino allora difese da balze
                                                      rocciose e dalla mancanza di strade dove
                                                      attestare gli impianti tradizionali. Il piano di
                                                      gestione prescriveva di percorrere tutto quel
                                                      versante. Ma una cosa è scrivere il piano e
                                                      un’altra trovarsi ad applicarlo, a decidere
                                                      della vita e della morte di alberi così straor-
                                                      dinari, al loro cospetto”.
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