Page 2 - Forestale N. 84 gennaio - febbraio 2015
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          L’ambiente fa più paura dell’economia


              ella classifica globale  dei dieci maggiori rischi a livello mondiale stilata in occasione dell’ultimo  World
              economic forum, ossia il tradizionale summit annuale che riunisce nell’enclave elvetica di Davos leader
          N economici e politici di tutto il mondo,  primeggiano  i “conflitti globali”, seguiti però a ruota dagli
          “eventi climatici estremi”, in particolare il pericolo legato alla “crisi dell’acqua”. Oltre a questo, le “cata-
          strofi naturali”, il “fallimento dell’adattamento al cambiamento climatico” e la “perdita di biodiversità e
          collasso dell’ecosistema”, sono tutti elementi che rientrano nelle categorie di rischio. Insomma l’ambiente
          sembra fare più paura anche dell’economia. Segno di una inversione di tendenza notevole anche in ambien-
          ti tradizionalmente lontanissimi da queste tematiche.
          La stessa preoccupazione che assale ogni giorno ma con prospettive diverse tanti cittadini che vivono nel-
          l’area della “Terra dei Fuochi” come in tante altre zone colpite da disastri ambientali di vario genere:
          dall’inquinamento delle acque, dei suoli e dell’aria, al dissesto idrogeologico. E poi c’è la preoccupazione
          per la genuinità e qualità dei prodotti agroalimentari freschi o trasformati. A tutto ciò società civile e poli-
          tica cercano di dare risposte intercettando questo generale stato di preoccupazione. Ecco allora l’ultima
          battaglia che riguarda l’approvazione del testo di legge sugli ecoreati. Politica, economia e cittadini si fron-
          teggiano nella speranza di trovare un momento di sintesi, ma è ormai chiaro che il regime sanzionatorio in
          campo ambientale verrà inasprito. Ma tutto ciò non può bastare. Serve una maggiore azione preventiva
          perché una volta commesso il reato ambientale il danno spesso rimane come uno sfregio indelebile del
          nostro territorio, difficile e oneroso da sanare.
          La vera essenza, la mission fondamentale del Corpo forestale dello Stato, fin dalla sua fondazione, ormai
          circa due secoli fa, è stata sempre quella di garantire, utilizzando gli strumenti messi a disposizione dal-
          l’ordinamento giuridico, il corretto svolgimento delle attività antropiche e contemperare le esigenze dello
          sviluppo con quelle della conservazione dell’ambiente e della tutela del territorio. Né sono mancate nel
          corso della sua lunga storia importanti pagine in cui, attraverso la gestione diretta dei beni naturali dello
          Stato o mediante piani nazionali per lo sviluppo forestale e montano, il Corpo è stato protagonista di nuovi
          modelli che, per esempio, hanno portato alla nascita del sistema delle aree protette e di quello della difesa
          del suolo. A questo devono aggiungersi una serie di proposte legislative in materia ambientale che sono
          divenute realtà grazie alla spinta propulsiva dell’Amministrazione.
          Il panorama dei rischi ambientali si allarga, la tutela della biodiversità per esempio, tema tanto in voga, reca
          con sé una profonda biocomplessità che necessita di esperienza e professionalità altrettanto profonde. C’è
          dunque ancora bisogno nel primo decennio del XXI secolo e per gli anni a seguire di una forza di polizia
          nazionale specializzata nella difesa di ambiente, agricoltura, alimentazione e paesaggio? Non sono questi
          gli indiscussi valori italiani che ancora possiamo vantare e rivendicare anche per una ricrescita del sistema
          Paese, quel made in Italy che dev’essere tutelato tanto fuori dai confini nazionali quanto all’interno? Non
          sono questi gli ingredienti possibili per un incremento del turismo? E tutto ciò non significa rilancio del-
          l’economia e del benessere?
          C’è dunque ancora bisogno del Corpo forestale dello Stato e della sua alta specializzazione? Noi riteniamo
          di sì. Non sarebbe troppo rischioso annacquare e di fatto disperdere questo patrimonio all’interno di com-
          petenze più generaliste che già di per sé meriterebbero una maggiore razionalizzazione? Negli stati a più
          spiccato federalismo, come gli Stati Uniti, ad esempio, sono agenzie federali famose come il National Park
          Service, il US Forest Service e il US  Fish and Wildlife Service che si occupano di tutela e gestione di foreste, beni
          storici e culturali, aree protette e fauna selvatica, insomma di quell’incalcolabile patrimonio che costituisce
          i beni comuni di un Paese e che meritano un’alto regime di tutela.
          La stagione delle riforme che riguarda anche la pubblica amministrazione deve affrontare con pragmati-
          smo, scevro da condizionamenti, anche la realtà agroambientale e cogliere la sfida che il Paese attende,
          ossia quella di innalzare il regime di sicurezza ambientale e non di ridurlo. Una sfida che si può vincere cer-
          tamente anche attraverso una razionalizzazione delle risorse e delle realtà esistenti.
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