Page 2 - Forestale N. 64 settembre - ottobre 2011
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EDITORIALE



          Autunno, cadono le foglie


               osì come alle foglie morenti basta un soffio di vento per essere staccate via dal ramo, altret-
               tanto fragili e incerti sono i destini degli uomini. Un’immagine non affatto nuova nella
          C letteratura mondiale di tutti i tempi. Con sfumature di significato di volta in volta diverse,
          essa compare fin dall’antichità come elemento di paragone per la vita umana e la sua condizione.
          Nella Bibbia, Isaia, per esempio, si ricorda che il destino umano è quello di appassire come una
          foglia, trascinata via dalle sue iniquità come dal vento. Nell’Iliade di Omero, probabilmente, il più
          celebre esempio di tale topos, le foglie che nascono e cadono ad ogni stagione sono paragonate
          alle generazioni degli uomini che si succedono incessantemente le une alle altre, in un ciclo eter-
          no di morte e rinascita.
          L’immagine è ripresa da Mimnermo, poeta greco del VII secolo a.C., che focalizza l’attenzione
          sull'individuo: il ciclo vitale di un uomo, ed in particolare la sua giovinezza, sono brevi come la
          durata delle foglie generate dalla primavera, destinate a cadere nel breve volgere della stagione.
          Tra gli altri, essa compare ancora nell’Eneide di Virgilio e per suo tramite nell’Inferno di Dante,
          dove le anime che si affollano per salire sulla barca di Caronte sono paragonate al distaccarsi
          autunnale di tutte le foglie dall’albero, in un fluire continuo.
          Tutte immagini che richiamano l’idea della brevità del ciclo di vita dell’uomo, del suo rapido vol-
          gere verso la fine, esemplificandone la condizione effimera.
          Ungaretti utilizza questa immagine cogliendo precisamente la condizione della precarietà del-
          l’uomo, che non solo è senza saldi punti di riferimento e di sostegno di fronte alla tragedia della
          guerra - anche se si potrebbe estendere tale pensiero in generale all’esistenza umana - ma è con-
          tinuamente in bilico fra vita e morte, sospeso e fragile come una foglia secca esposta al vento
          d’autunno. E gli esempi potrebbero continuare fino ai giorni nostri.
          Eppure questa stagione di passaggio legata ai profumi e ai colori inconfondibili del bosco, colle-
          gata a un periodo di stasi e di rimembranze dedicato al culto dei defunti, è in realtà ricca di
          fermento.
          Se la natura si prepara lentamente al lungo letargo invernale, gli uomini accresciuti nelle ricchez-
          ze (autunno deriva dal latino autumnus a sua volta da auctus, participio passato di augeo che vuol
          dire accrescere, proprio per la grande disponibilità di frutti di questa stagione) a loro volta sono
          intenti a trasformare e conservare i prodotti della terra: vino, olio, castagne, ecc..
          E mentre il corso del sole accorcia il suo viaggio, la natura si prepara alla rinascita con la semina
          del grano che darà i suoi preziosi frutti nella prossima estate. Luce e tenebre. Morte e rinascita
          nel ciclo universale dell’eterno ritorno. Questa la duplice valenza di una stagione in cui il profu-
          mo dei funghi e del terreno soffice del sottobosco si mescola a quello intenso e inebriante del
          mosto in fermentazione.
          La sapienza millenaria dell’uomo ha necessità di essere garantita e tramandata tanto nelle picco-
          le produzioni locali, quanto nella moderna agroindustria. La sicurezza dei prodotti a tutela del
          consumatore, unita alla salvaguardia del territorio, sono compiti fondamentali del Corpo forestale
          dello Stato che in questo periodo è particolarmente impegnato a garantire la genuinità e tipicità
          dei grandi sapori italiani che in autunno prendono magicamente vita.
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