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HATE SPEECH E REATI DI OPINIONE NELL’ERA DI INTERNET
4. Cenni sull’offensività dei cosiddetti discorsi d’odio on line e sulle ini-
ziative di contrasto nell’ambito nazionale e sovranazionale
Il singolo individuo che oggi immette un contenuto sul web, anche e
soprattutto attraverso i social network, ha ben chiaro il funzionamento degli stessi
e, come apprezzabilmente evidenziato dal giudice di legittimità, non può affatto
ignorare l’esistenza degli algoritmi , utilizzati nei social, per mostrare al pubbli-
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co dei risultati in linea con i propri interessi o con precedenti visioni o intera-
zioni avviate. La visione di un contenuto, piuttosto che un commento o un like,
genera la proposizione di contenuti simili. E così, se un post o un commento
sono di tendenza, questi vengono mostrati e riproposti nel web in maniera virale.
Aspetto questo, di interesse squisitamente giuridico, rispetto al principio di
offensività delle condotte sopra accennate.
La già citata sentenza della Cassazione penale, sezione I, n. 4534 del 6
dicembre 2021 ha avuto modo di chiarire come la diffusione dei messaggi che
vengono scritti sulle bacheche facebook dagli utenti, posseggano di per sé già
l’idoneità di raggiungere un numero indeterminato di persone, ciò sia in ragione
della possibilità che il profilo sia “aperto” quindi visibile a qualsiasi utente della
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rete, sia in ragione dell’esistenza della funzione newsfeed ossia il continuo
aggiornamento delle notizie e delle attività sviluppate dai contatti di ogni singo-
lo utente, condizionata dal maggior numero di interazioni che riceve ogni sin-
golo messaggio.
Il sistema delle interazioni, che consentono la visibilità del messaggio ad
un numero sempre crescente di utenti, consente poi di condividere e rilanciare
il contenuto. Più commenti, like, condivisioni riceve un post e più questo viaggia
nella rete raggiungendo sempre più destinatari. Agevolmente si ricava come più
tempo rimanga on line il discorso d’odio e di pregiudizio e più questo genera
effetti dannosi e potenzialmente irreparabili.
Se, come detto, i reati di opinione si caratterizzano per essere plurioffen-
sivi, perché essi una volta consumati, offendono non solo la vittima ma anche
e soprattutto il gruppo del quale egli è parte, è opportuno confrontarsi sulla
motivazione che spinge i soggetti attivi del reato a esprimere frasi di odio o di
pregiudizio in internet.
21 Da enciclopedia Treccani on line: “In informatica si definisce a. una sequenza finita di ope-
razioni elementari, eseguibili facilmente da un elaboratore che, a partire da un insieme di dati
I (input), produce un altro insieme di dati O (output) che soddisfano un preassegnato insie-
me di requisiti. Spesso i requisiti vengono distinti in due categorie: i vincoli, ossia requisiti
che devono essere soddisfatti in ogni caso, e gli obiettivi, ossia requisiti che devono essere
soddisfatti il meglio possibile secondo un qualche criterio specificato”.
22 Sulla quale la citata sentenza 4534, si sofferma, proprio per argomentare la potenzialità dif-
fusiva ed offensiva della condotta.
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