Page 2 - Forestale N. 76 settembre - ottobre 2013
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Il Forestale n. 76 60 pagine  8-10-2013  17:45  Pagina 3


















                                                                   EDITORIALE



                 Il tempo degli animali


                     a lenta ma costante “avanzata” di boschi e di animali è ormai una consolidata realtà. Le nostre foreste nel
                     1985 ricoprivano 8,5 milioni di ettari, 10,5 milioni venti anni dopo e oggi sono arrivate a circa 11 milioni di
                 L ettari con un incremento medio annuo attuale dello 0,4 per cento. Circa 12 miliardi gli alberi della Penisola.
                 E se il regno vegetale si riprende la rivincita sull’uomo, anche quello animale non scherza. Circa un milione di
                 cinghiali, scorazzano indisturbati insieme a  460 mila caprioli, 110 mila  camosci alpini, 68 mila  cervi, 18 mila
                 daini, seguiti da mufloni (20.000), stambecchi (16.000), camosci appenninici (1.500), e circa 1.000 lupi. Sono lon-
                 tani gli anni in cui le associazioni ambientaliste si mobilitavano per salvare dall’estinzione il grande predatore
                 dell’Appennino. L’aquila reale, un tempo anch’essa a rischio, è oggi presente sulle Alpi e su tutti i massicci appen-
                 ninici. Il grifone, reintrodotto dalla Forestale, volteggia maestoso a meno di un’ora di autostrada da Roma,
                 mentre le metropoli sono diventate il rifugio preferito di volpi e rapaci di ogni specie. Così mentre i lupi oltre-
                 passano i confini nazionali, lo sciacallo dorato e la lince si affacciano sul suolo italiano e il cervo sardo si diffonde
                 largamente sull’isola. In Trentino gli orsi reintrodotti sono già una cinquantina che si vanno ad aggiungere ai
                 circa 50 cugini marsicani, questi ultimi ancora troppo pochi per scongiurare l’estinzione, ma comunque presen-
                 ti in zone dove la concentrazione umana è significativa. Certo non è tutto oro quello che luccica e  ogni anno
                 anche nel nostro Paese continuiamo a perdere biodiversità come accade nel resto del pianeta. Ma questi dati con-
                 fortanti inducono comunque a nuove riflessioni.
                 È necessario innanzitutto comprendere le cause di questa “avanzata”: certamente l’aumento delle superfici
                 boschive, il conseguente abbandono delle campagne, l’aumento sensibile delle aree protette che ricoprono l’11
                 per cento del nostro territorio, un dato che ci colloca tra i primi al mondo. E poi i numerosi programmi di ripo-
                 polamento e reintroduzione andati a buon fine.
                 Le parole chiave per questa nuova, necessaria coesistenza sono gestione e sostenibilità. Oggi come molto tempo
                 fa dobbiamo comprendere che non siamo soli a dividerci questo fazzoletto di terra che si protende nel mar
                 Mediterraneo. Oggi, come nell’antichità, dobbiamo saper accettare che la presenza di fauna, flora e relativa bio-
                 diversità non sono un limite allo sviluppo umano ma una risorsa, un’opportunità in più da interpretare forse in
                 chiave moderna e non necessariamente di stretta sussistenza, alla luce di un pensiero che vede il mondo natura-
                 le quale entità autonoma e distinta dalla presenza umana, eppure, potremmo aggiungere, complementare. Gli
                 orsi confidenti che attraversano i centri abitati abruzzesi, le volpi sotto casa, i cinghiali sopra i tetti delle case in
                 Toscana, sono solo alcuni esempi di una questione più ampia che riguarda la gestione del patrimonio naturale,
                 che presenta anche aspetti problematici (incidenti stradali, danni all’agricoltura) che vanno affrontati e risolti.
                 Molto si è detto sulle cause del degrado ambientale causato dall’uomo o più semplicemente sugli effetti della cre-
                 scente antropizzazione. Per la prima volta dopo molto tempo siamo chiamati a studiare gli effetti di una parziale
                 ricolonizzazione animale e vegetale in relazione alla presenza umana. Stavolta però disponiamo di tutti gli stru-
                 menti scientifici e culturali necessari ad evitare il predominio di una parte a totale discapito dell’altra. In alcuni
                 casi le soluzioni propenderanno per l’uomo, in altre per la natura. Ma convivere è possibile. Non è lontano il
                 tempo in cui la vecchia Europa diventerà, oltre ad un grande museo a cielo aperto, anche un immenso serbatoio
                 di biodiversità ritrovata.
                 È il tempo di nuova green policy che partendo dal legislatore nazionale coinvolga gli amministratori regionali e
                 locali in un’ottica condivisa, perché unico, seppur con sfumature diverse, è il nostro ambiente. Una politica che
                 sia in grado di sfatare miti e tabù ma si fondi sulla realtà concreta in grado di conservare spazi ed equilibri tra
                 uomo e natura.
                                                                             Cesare Patrone
                                                                       Capo del Corpo forestale dello Stato
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