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SICUREZZA INFORMATICA E NUOVE FRONTIERE DEL DIRITTO PENALE



                     In relazione al caso di specie, è particolarmente utile richiamare quanto
               asserito dalla Corte di Cassazione, Sezione Quinta penale, sentenza n. 13057 del
               28 ottobre 2015 (depositata il 31 marzo 2016) , ove si è osservato che “la
                                                              (24)
               casella di posta elettronica rappresenta, inequivocabilmente, un sistema infor-
               matico rilevante ai sensi dell’art. 615-ter c.p.”, posto che “nell’introdurre tale
               nozione  nell’ordinamento  il  legislatore  ha  fatto  evidentemente  riferimento  a
               concetti già diffusi ed elaborati nel mondo dell’economia, della tecnica e della
               comunicazione, essendo stato mosso dalla necessità di tutelare nuove forme di
               aggressione  alla  sfera  personale,  rese  possibili  dallo  sviluppo  della  scienza”.
               Pertanto, “conformemente alle acquisizioni del mondo scientifico, il sistema
               informatico recepito dal legislatore non può essere che il complesso organico
               di elementi fisici (hardware) e astratti (software) che compongono un apparato di
               elaborazione dati”.
                     Richiamandosi  peraltro  direttamente  alla  Convenzione  di  Budapest,  ove
               testualmente si asserisce che “…sistema informatico è, infatti, qualsiasi apparec-
               chiatura o gruppo di apparecchiature interconnesse o collegate, una o più delle
               quali, in base ad un programma, compiono l’elaborazione automatica dei dati”, la
               Corte ha dunque concluso che “la casella di posta non è altro che uno spazio di
               memoria di un sistema informatico destinato alla memorizzazione di messaggi, o
               informazioni di altra natura (immagini, video, ecc.), di un soggetto identificato da
               un account registrato presso un provider del servizio”, atteso che “l’accesso a
               questo spazio di memoria concreta, chiaramente, un accesso al sistema informa-
               tico, giacché la casella non è altro che una porzione della complessa apparecchia-
               tura, fisica e astratta, destinata alla memorizzazione delle informazioni”.
                     Sulla base di tale premessa e richiamando la Relazione al disegno di legge
               n. 2773 (tradottosi nella legge n. 547 del 23 dicembre 1993), ove era stato sot-
               tolineato come i sistemi informatici rappresentino “un’espansione ideale del-
               l’area di rispetto pertinente al soggetto interessato, garantita dall’art. 14 Cost.”,
               è stato dunque ritenuto configurabile, anche per la posta elettronica, l’illecito di
               cui all’art. 615-ter qualora “questa porzione di memoria sia protetta… mediante
               l’apposizione di una password, in modo tale da rivelare la chiara volontà del-
               l’utente di farne uno spazio a sé riservato” .
                                                         (25)
               (24)  Vedasi in proposito anche Cass. pen., sez. Quinta, 8 maggio 2012, n. 42021 e Cass. pen., sez.
                     Seconda, 29 aprile 2016, n. 38331.
               (25)  Cass. pen., Sez. Quinta, 31 marzo 2016, n. 13057. La sussistenza delle “misure di sicurezza” ha
                     fatto ritenere infondata, nel caso trattato in sentenza, la tesi prospettata dalla difesa di un’equipa-
                     razione della casella di posta elettronica con la “cassetta delle lettere” collocata nei pressi di un’abi-
                     tazione, poiché quest’ultima non è affatto destinata a ricevere e custodire informazioni: come tale
                     non rappresenta un’espansione ideale dell’area di riservatezza personale dell’interessato, bensì un
                     mero contenitore fisico di elementi (cartacei e non) solo indirettamente riferibili alla persona.

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