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EDITORIALE




          Un mondo senza api


                uando spariranno le api al genere umano resteranno solo quattro anni di vita. Così avrebbe
                detto Einstein,  ma anche se non fosse stato lui a dirlo senz’altro quello senza api potrebbe
                essere un mondo meno colorato e gioioso, sono loro infatti a impollinare i fiori, a delineare
          Q gli splendidi paesaggi primaverili. Cooperatrici della varietà genetica del mondo vegetale, pro-
          pagano la vita nelle sue multiformi manifestazioni.
          Di certo, sarebbero anni tristi, privi di quello che nell’antica Grecia era considerato il cibo degli Dei.
          I faraoni ne volevano un vaso colmo nella tomba per non restarne privi nell’aldilà, e nel codice di
          Hammurabi, una fra le più antiche raccolte di leggi conosciute nella storia dell’umanità, venne previ-
          sta perfino una norma per tutelare gli apicoltori dal furto delle arnie.
          C’è un articolo del nostro Codice Civile, poi, il 924, che gli studenti di giurisprudenza solitamente impa-
          rano studiando diritto privato e rimane impresso perché curioso: “Il proprietario di sciami di api ha
          diritto d’inseguirli sul fondo altrui, ma deve indennità per il danno cagionato al fondo”. La fantasia spa-
          zia immaginando l’apicoltore che col suo retino insegue lo sciame, ma in realtà basta catturare la regina
          per fare scacco matto, tutte le altre la seguiranno.
          Il problema però oggi è quello degli alveari vuoti, perché l’inquinamento, più che i cambiamenti cli-
          matici, e in particolare l’uso di alcuni fitofarmaci in agricoltura sembra stia condannando le api.
          L’Italia, come noto, ha scelto la via della massima precauzione e della sospensione prudenziale del-
          l’uso dei neonicotinoidi, utilizzati per la concia dei semi e, secondo i più, responsabili della moria di
          api che si sta registrando in Europa.
          Questi insetti, d’altronde, fin dalla nostra infanzia, fanno parte del nostro immaginario, presenza amica
          per il miele e temuta per il pungiglione. Diventano paradigmatiche del comportamento umano in tante
          favole, antiche e moderne, metafora per spiegare la vita sociale.
          Tra i tanti, Bernard de Mandeville che, nel 1724, scrive “La favola delle api”: in un alveare apparente-
          mente felice vive uno sciame di api in una società ben ordinata e regolata dalle leggi.
          Da loro non vi è tirannia nè la democrazia che genera disordini. La loro vita è molto simi-  STAMPATO SU
          le a quella degli uomini. Milioni di api lavorano per produrre una ricchezza di cui gode
                                                                                   CARTA RICICLATA AL 100 %
          però a malapena la metà dell’alveare, dove compaiono evidenti disparità sociali.






          In copertina un'immagine di Sergio Azzarello in servizio presso il Comando Stazione Parco di Pescasseroli (L’Aquila)
          dal titolo “I nostri parchi d’inverno”, scattata in Abruzzo, sul massiccio del monte Greco.
          L’agente scelto si è classificato secondo al concorso fotografico promosso lo scorso anno.
          Ecco la motivazione: “La pattuglia forestale impegnata nel controllo del territorio attraverso lo scialpinismo viene
          ritratta proprio nel momento dell’ascesa alla vetta, quando le forze iniziano ormai a diminuire. Immagine piena,
          colori saturi per uno scatto che restituisce l’idea dell’integrazione tra uomo e natura”.
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