Page 2 - Il Forestale N. 44 marzo - aprile 2008
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EDITORIALE


         © Panda Photo  Il genio del paesaggio



          U       n vasto dedalo di campi coltivati, siepi, boschi e colline ricoperte di vite e ulivo. Così si
                  presenta la maggior parte del territorio italiano. In particolare l’Appennino che fa da cer-
                  niera al nostro Stivale. Il paesaggio che vediamo è in gran parte artificiale, ovvero
                  modellato dall’uomo che l’ha reso così straordinario. Basti pensare alle crete senesi o ai
                  terrazzamenti liguri. Noi non abbiamo la wilderness che ancora connota gli Stati Uniti o la
          Patagonia, ma un mosaico articolato e ricco di biodiversità naturale e di scorci irripetibili. Se in Italia
          si discute ancora sull’opportunità di collocare una nuova opera nel territorio non è solo per litigio-
          sità, ma anche per quell’attenzione al bello che, dal Medioevo a oggi, passando per il Rinascimento,
          è un nostro tratto distintivo. Ed è motivo di orgoglio.
          Il Corpo forestale dello Stato è anche polizia del paesaggio ed ha il compito di tutelare da ogni
          aggressione questo tesoro protetto, come chiede la stessa Costituzione che quest’anno compie 60
          anni. L’abusivismo edilizio e le discariche illegali sono tra le piaghe che maggiormente affliggono il
          territorio. I sacerdoti greci e gli auguri romani  come i druidi celti erano determinanti nella scelta
          del luogo di edificazione di una città o villaggio, cosa sacra perché sacro era considerato l’abitare,
          Con la fondazione rituale infatti l’energia propria di un determinato luogo era chiamata a collabo-
          rare con gli abitanti di quell’insediamento. Un incontro tra forze naturali, energie umane e spirituali.
          Addirittura si pensava che l’esercizio del pensiero non fosse indipendente dallo spazio in cui si abi-
          tava e che determinasse gli atteggiamenti stessi dell’essere umano. L’oikos greco, quel senso della
          manifestazione dell’essere nella dimora, poneva il senso del limite comunitario del vivere associato
          in simbiosi con le risorse naturali del luogo. Abitare voleva dire permettere all’anima dei luoghi di
          manifestarsi in chi risiedeva in un determinato posto. Ma l’equilibrio fra natura e cultura si rompe
          quando si altera il rapporto fra artificiale e naturale. A guardia e garanzia di questa alchemica rela-
          zione ultridimensionale era messo il  Genius Loci. È così che ogni luogo si guadagna un’anima
          attraverso un lento processo si accumulazione  di affetti che viene operata dalle diverse generazio-
          ni di uomini che li hanno abitati.
          Ma quale divinità o spirito potrà mai abitare i crescenti insediamenti abusivi che deturpano il nostro
          paesaggio e lo sfregiano irrimediabilmente con aberranti agglomerati che crescono rapidi spesso
          all’ombra di antichi borghi dalla storia millenaria ? Auguri e sciamani sono stati sostituiti da specu-
          latori senza scrupoli che non ricercano la composizione fra essere e divenire, fra cultura e natura,
          ma nella ricerca esclusiva del profitto ad ogni costo accrescono invece questo dualismo.
          A rimetterci saranno i nuovi abitanti di luoghi desacralizzati e tutta la comunità nazio-
                                                                                    STAMPATO SU
          nale. E per questo il viandante, perso ormai il senso archetipo dell’empatia con la
          Patria, vagherà smarrito e indifferente in una terra che non gli appartiene più in cerca  CARTA RICICLATA AL 100 %
          delle proprie radici recise.
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