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protagonisti
mente violento abbiamo salito tutta
la parete. Ma tra la sommità di que-
sta, a 7.500 metri, e gli 8.125 metri
della cima c’era una conca piena di
neve fresca che non abbiamo potu-
to superare. Però abbiamo risolto il
problema, e ci siamo divertiti.
Dove vuole andare in futuro?
“Finché sarò un parlamentare euro-
peo avrò poco tempo a disposizio-
ne. Poi vorrei andare nell’Artico,
per esempio nella Ellesmere
S. Ardito Ismand. O riprendere le mie traver-
sate dei grandi deserti dell’Asia.
Per me quello che importa è andare
nella natura selvaggia, espormi,
essere lontano dal mondo civile.
Poco importa se ci vado da solo o
Il campo base sull’Everest.
con un gruppo di amici: l’impor-
tante è andare”.
Wolfgang Thomaseth e a mio fra- come medico e non è salito in alto.
tello Hubert, che però è venuto Nonostante un monsone particolar- STEFANO ARDITO
ARDITO DESIO: UNA GRANDE EREDITÀ DA RACCOGLIERE
Il professore del K2 se n’é andato. Diventato famoso nel 1954 come capo della spedizione
che ha fatto sventolare il tricolore sulla seconda montagna della Terra, Ardito Desio si è
spento nello scorso dicembre a Milano. Geologo, glaciologo, viaggiatore accanito, piccolo di
statura ma con una volontà di ferro, quest’uomo vissuto a cavallo di tre secoli (è nato nel
1897 a Palmanova, in Friuli, è morto a 104 anni nel 2001), merita di essere ricordato come
un grande della scienza e dell’esplorazione italiana. K2 a parte, però, le sue avventure sono
praticamente sconosciute.
Nel 1915, allo scoppio della Grande Guerra, Desio si arruola volontario. Nel 1917, durante la
rotta che segue Caporetto, viene fatto prigioniero e approfitta della detenzione per imparare
il tedesco. Nel 1922, dopo essersi laureato in Scienze Naturali, compie una lunga campagna geologica sulle
isole del Dodecaneso. Nel 1925 è sull’Ortles-Cevedale, che diventa grazie a lui la palestra della glaciologia
italiana.
L’anno dopo, su incarico della Società Geografica Italiana, parte per la prima volta per la Libia, dove raggiunge
l’oasi di Giarabùb. Tornerà nello “scatolone di sabbia” molte volte, traversando le sabbie del Fezzàn e le rocce
vulcaniche del Tibesti, l’inesplorato massiccio sul confine con il Ciad. Ne Le vie della sete, il libro del 1950
dedicato alle avventure sahriane di Desio, compaiono le difficoltà del viaggio (a dorso di cammello, a piedi, su
un bimotore Ghibli specializzato in atterraggi di fortuna) ma anche la magia delle dune e delle oasi, e dei
ritratti interessanti delle guide di etnia Tubu e Tuareg.
Nel 1929 Desio visita il Karakorum con la spedizione scientifica del Duca di Spoleto. Poi va in Iran, in Etiopia,
ancora in Libia. Passata la tempesta della guerra, Alcide De Gasperi preme sul governo pakistano per avere
un permesso per tentare il K2. Quando questo gli viene accordato, il geologo di Palmanova non ha rivali per il
posto di leader della spedizione.
Il resto della storia è famoso. Desio, pur non essendo un alpinista, costruisce una buona squadra, governa la
spedizione con il pugno d’acciaio, pianifica dal campo-base l’andirivieni delle cordate. Il 21 giugno un edema
uccide il valdostano Mario Puchoz. Il 31 luglio Lino Lacedelli e Achille Compagnoni - un uomo delle Dolomiti e
uno delle Alpi Centrali - calcano gli 8.616 metri della cima. È l’apoteosi di Ardito Desio.
Lungi dal sedersi sugli allori, il geologo di Palmanova continua a viaggiare per il mondo (Afghanistan,
Antartide, Birmania), diventa accademico dei Lincei, inventa alla fine degli anni Ottanta la Piramide, il labora-
torio scientifico costruito a 5.000 metri sul versante nepalese dell’Everest che accoglie negli anni successivi
centinaia di ricercatori italiani e di altri Paesi. Nel 1990, il novantatreenne Desio sbarca da un elicottero ai
piedi della montagna più alta del mondo. I suoi cent’anni vengono festeggiati tra i Lincei e il Quirinale.
S.A.
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