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SUPPLEMENTO DICEMBRE 2017
LE RIFLESSIONI
risti queste storie di raggiri fatte ai danni di persone anziane che si fidano,
Tcon infantile ingenuità. È criminale ingannarli, come è criminale approfit-
tare del candore dei più deboli, dei più sprovveduti. Ma assistiamo a un inca-
rognimento delle nostre piu belle e amate città. Quasi che l’altruismo, il rispetto,
la solidarietà fossero brutti sentimenti da nascondere. Ma da dove viene questa
crudeltà, soprattutto giovanile, da dove viene questa tendenza a prendersela
coi più fragili, senza riflettere che anche loro hanno in casa degli anziani che si
perdono facilmente, e che loro stessi diventeranno vecchi, lenti ed esposti?
La risposta probabile è che viviamo in una cultura del mercato, per cui la merce è al centro dell’universo e
chi possiede merci preziose è considerato bravo, gli altri sono dei sottouomini. E purtroppo l’esaltazione
della merce, che diventa più importante di qualsiasi cosa, corre veloce sui nostri schermi, si infila perfino
nella lettura dei fumetti indirizzati ai bambini. Insomma, si impara presto che se porti addosso roba firmata,
se possiedi una moto di lusso, se ti circondi di cose costose, sei vincente e protagonista della storia collettiva
di un paese, di una città, di un quartiere. Se non possiedi beni invidiabili, non sei nessuno.
Spesso, oltretutto, non sono i più poveri ad arraffare e truffare i più disagiati, ma coloro che per sentirsi vivi
hanno bisogno di possedere e dominare. Anche le donne a volte diventano parte di questo possesso da mo-
strare in pubblico. Un valore da esibire, come l’automobile di ultimo grido. Cosa fare per uscire da questa
stupida cultura del mercato in cui le persone stesse finiscono per diventare merce in vendita? Qualcuno pro-
pone una rifondazione etica. E a me pare una proposta saggia anche se controcorrente. Ricominciare a pen-
sare all’altro come un valore, rivalutare la cortesia, il sorriso, la stretta di mano, l’amicizia gratuita, la gioia
di stare insieme senza pensare di ricavare qualcosa. Non porterebbe bene a tutti?
Dacia Maraini
è una sofferenza in gran parte sconosciuta perché si rivela nella forma
C’più subdola dell’inganno criminoso (non di rado persino violento) con-
tro le vittime più solitarie e più deboli, come i pensionati sorpresi nei giorni
in cui riscuotono la loro modica, ma vitale risorsa; sopraffatti da un’arte in-
fame che, nel grande silenzio della società, accresce il danno di dover pagare
persino la più umiliante innocenza, cioè le privazioni taciute, colme di pudore.
Sta crescendo – grazie a una sempre più sistematica vigilanza dovuta ad esem-
plari iniziative – l’impegno cui l’Arma dedica una più organica ed efficace os-
servanza di un codice, non solo umano e ordinario, per contrastare l’incremento di una cedevolezza di
valori e di princípi che riduce via via gli spazi e i rigori della norma, fondamento e garanzia dell’equità;
e gli indebolimenti etici e morali diventano rassegnazioni collettive, anziché porre mano al dover anche
noi “fare nuove tutte le cose”, come si legge nel Salmo, perché la creazione non è mai finita se oggi si
parla addirittura di voler scoprire i millenari segreti dell’inconosciuto. Consoliamoci, intanto: salvare la
dignità dei più colpiti anche nell’ultimo giorno del mese non è un piccolo passo, se ci aiuta a coltivare
l’idea civile e interiore secondo cui il poco, a volte, vale e persino supera il di più. E dunque occorre scre-
ditare l’infausta speranza di chi crede che nessuno va tanto lontano come chi non sa dove sta andando.
Perché la comunità è madre, ogni giorno, di tutta se stessa.
Sergio Zavoli
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