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  • Anno 2005
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  • N.1 - Gennaio-Marzo
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  • Legislazione e Giurisprudenza
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Corte Costituzionale

Misure di sicurezza - Persona inferma di mente - Applicazioni provvisorie di misure di sicurezza non detentive ­Impossibilità - Illegittimità costituzio­nale.
(Cost. 206 c.p.)



Considerato in diritto
1. - Il Giudice per le indagini preliminari delTribunale di Roma dubita della legittimità costituzionale dell’art. 206 c.p., nella parte in cui non consente di applicare in via provviso­ria al soggetto infermo di mente una misura di sicurezza non detentiva, quale la libertà vigi­lata. Il rimettente si trova a dovere decidere sulla richiesta, presentata dalla difesa di un sogget­to riconosciuto totalmente incapace di volere per infermità di mente al momento dei fatti, di sostituzione della misura di sicurezza provvi­soriamente applicata del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario con la libertà vigilata, che, anche sulla base delle risultanze delle ultime relazioni sanitarie dei medici della strut­tura ove il soggetto è internato, risulterebbe più idonea a soddisfare le esigenze di cura e ad assicurare nel contempo le esigenze di controllo e di contenimento della diminuita, ma tuttora persistente, pericolosità sociale. Il Giudice a quo ritiene che l’impossibilità di sostituire la misura di sicurezza con altra non detentiva si ponga in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione (e implicitamente con il diritto alla salute), essendo privo di ragionevo­lezza il rigido automatismo di una disciplina che in fase cautelare preclude al Giudice di valutare quale sia in concreto la misura di sicurezza più idonea a contemperare le esi­genze di cura e quelle di controllo di un sog­getto socialmente pericoloso; irragionevolez­za tanto più evidente ove si consideri che la sentenza n. 253 del 2003 della Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 222 c.p. nella parte in cui non consente al Giudice di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza non detentiva.

2. -La questione è fondata.

3. - L’art. 206 c.p. impone al Giudice che debba disporre l’applicazione provvisoria di una misura di sicurezza nei confronti di un soggetto totalmente infermo di mente e socialmente pericoloso di ricorrere esclusiva­mente ad una misura detentiva, e cioè al rico­vero in ospedale psichiatrico giudiziario. Il rimettente lamenta appunto che il “rigido auto­matismo” della norma censurata gli precluda di applicare la diversa misura di sicurezza della libertà vigilata, che nel caso di specie, ove accompagnata da opportune prescrizioni alla stregua di quanto previsto dall’art. 228 c.p., secondo comma, sarebbe la più idonea a soddisfare le concomitanti esigenze di cura del soggetto infermo di mente e di controllo della sua pericolosità sociale. Una situazione sostanzialmente analoga è stata scrutinata con la sentenza n. 253 del 2003, con la quale questa Corte - prendendo in esame il rigido automatismo della regola legale che imponeva al Giudice di disporre, in caso di proscioglimento per infermità mentale, il ricovero dell’imputato in ospedale psichiatri­co giudiziario, anche quando una misura non segregante quale la libertà vigilata, accompa­gnata da opportune prescrizioni, avrebbe con­sentito di soddisfare in modo più adeguato le esigenze di cura e di tutela e quelle di control­lo della pericolosità sociale - ha dichiarato ille­gittimo l’art. 222 c.p. nella parte in cui non con­sente al Giudice di adottare una diversa misu­ra di sicurezza non detentiva. Al riguardo, la Corte ha preliminarmente rile­vato che, a differenza di simili questioni solle­vate nel passato, con le quali era stata chiesta la mera eliminazione della misura di sicurezza o la sua sostituzione con misure alternative di creazione giurisprudenziale, ovvero era stata censurata la cronica inadeguatezza delle strutture degli ospedali psichiatrici giudiziari ­questioni dichiarate inammissibili o non fon­date in quanto miranti a interventi normativi o fattuali esorbitanti dai poteri della Corte (v. da ultimo sentenza n. 228 del 1999 e ordinanza n. 88 del 2001) -, veniva denunciato l’automa-tismo della regola legale che impone al Giudice di applicare comunque all’infermo di mente una misura di sicurezza detentiva e veniva indicata una concreta soluzione alter­nativa, quale la libertà vigilata, misura già pre­vista dall’ordinamento e “idonea a soddisfare le esigenze di cura e tutela della persona, da un lato, di controllo e contenimento della sua pericolosità sociale, dall’altro lato”. La Corte, constatato che l’art. 222 c.p. “adotta un modello che esclude ogni apprezzamento della situazione da parte del Giudice, per imporgli un’unica scelta, che può rivelarsi, in concreto, lesiva del necessario equilibrio tra le diverse esigenze [...] e persino tale da pregiu­dicare la salute dell’infermo”, ha affermato che «l’automatismo di una misura segregante e “totale” come il ricovero in ospedale psichia­trico giudiziario, imposta pur quando essa appaia in concreto inadatta, infrange l’equili-brio costituzionalmente necessario e viola esi­genze essenziali di protezione dei diritti della persona».

4. - Le argomentazioni svolte dalla sentenza
n. 253 del 2003 nel censurare il rigido auto-matismo che caratterizzava l’art. 222 c.p. e le conclusioni circa la violazione del principio di ragionevolezza e del diritto alla salute si atta­gliano, a maggior ragione, alla disciplina del-l’applicazione provvisoria della misura di sicu­rezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, posto che sarebbe irragionevole precludere al Giudice l’applicazione in via provvisoria di una misura non detentiva con­sentita invece in via definitiva. In particolare, l’art. 312 c.p.p. dispone che per applicare la misura provvisoria è sufficiente la sussistenza di “gravi indizi di commissione del fatto”, cioè un sommario giudizio prognostico, mentre in caso di proscioglimento per infermi­tà psichica l’applicazione in via definitiva della misura presuppone evidentemente un com­piuto accertamento circa la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del fatto di reato. La disciplina censurata si riferisce cioè a una fase processuale in cui - proprio alla luce della non definitività degli accertamenti sul fatto ­assume particolare rilievo, in relazione alle condizioni di salute dell’indagato infermo di mente, l’esigenza di predisporre forme di cura e cautele adeguate e proporzionate al caso concreto, mediante interventi caratterizzati da flessibilità e discrezionalità, incompatibili con l’automatismo che contrassegna la disposi­zione in esame. L’art. 206 c.p., nella parte in cui preclude di adottare una misura di sicurezza non segre­gante come la libertà vigilata - che grazie alle prescrizioni che il Giudice può imporre a norma dell’art. 228 c.p., secondo comma, consente nello stesso tempo di attuare gli interventi terapeutici più idonei alla cura del-l’infermo di mente e di disporre le opportune cautele per controllare e contenere la sua pericolosità sociale - viola il principio di ragio­nevolezza e, di riflesso, il diritto alla salute, e deve pertanto essere dichiarato costituzional­mente illegittimo.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 206 c.p. (Applicazione provvisoria delle misu­re di sicurezza), nella parte in cui non consente al Giudice di disporre, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una misu­ra di sicurezza non detentiva, prevista dalla legge, idonea ad assicurare alla persona inferma di mente cure adeguate e a contene­re la sua pericolosità sociale. Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 novembre 2004.