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Materiale per una storia dell'Arma

Magg. Giuseppe Borla

RIVISTA DEI CARABINIERI REALI
Anno II - n. 1 - gennaio-febbraio 1935
Il Corpo dei Dragoni nel ducato di Parma, Piacenza e Guastalla (1814-1848)


 
1. - Il trattato di Fontainebleau ricostituiva i ducati di Parma, Piacenza e Guastalla per Maria Luigia, primogenita dell’imperatore d’Austria Francesco I. Stanco del tumultuoso governo napoleonico che, con le coscrizioni continue, le imposizioni, le prepotenze, lo aveva vessato ed impoverito, il popolo di Parma salutò con gioia, ed anche con una certa lusingata soddisfazione, la scelta, per il piccolo ducato, dell’ex
imperatrice dei francesi, consorte di Napoleone. Né le speranze andarono deluse, perché realmente la nuova duchessa governò con saggezza e clemenza.
L’imperatore d’Austria si occupò direttamente, per mezzo di illuminati commissari, del riordinamento degli Stati della figlia. Ebbe la  direzione degli affari di alta politica il conte Marescalchi,  mentre il conte Magawly, ministro con poteri illimitati, assieme col Mistrali,
governatore di Parma, curò l’organizzazione dello Stato, conservando la maggior parte delle istituzioni create dalla rivoluzione o dal governo napoleonico, compatibili con un regime monarchico assoluto.
Maria Luigia prese possesso del ducato il 20 aprile 1816 fra acclamazioni vivissime ed il generale Neipperg, intimo della duchessa, si curò degli affari esteri e del dipartimento militare.

2. - Con decreto ministeriale del 20 agosto 1814, il conte Magawly istituiva il corpo dei dragoni: “pel mantenimento dell’ordine e per  l’esecuzione delle leggi nell’interno dello Stato”, precisando che il servizio dei dragoni era destinato e “alla sicurezza delle campagne e delle strade e consisteva in una vigilanza continua e repressiva”. I carabinieri reali erano nati solo un mese innanzi ed è interessante  rilevare i punti di contatto tra le due istituzioni.
Compito dei dragoni era:
- fare corse e pattuglie sulle grandi strade comunali e nei circondari rispettivi;
- prendere informazioni sugli attentati e delitti pubblici e darne conoscenza alle autorità competenti;
- inseguire i malfattori;
- arrestare i sorpresi sul delitto o inseguiti dai pubblici clamori;
- arrestare chi avesse armi insanguinate;
- arrestare i briganti, i ladri da strada, i colti in rissa, gli assassini attruppati;
- arrestare, purché colti sul fatto, i devastatori dei boschi e di raccolte ed i contrabbandieri;
- dissipare ogni attruppamento sedizioso non armato, prima col comando verbale poi con la forza;
- arrestare i trovati esercitando vie di fatto o violenze contro le persone o la proprietà;
- prestare manoforte per l’esazione delle tasse ed agli esecutori di mandati di giustizia;
- assicurare la circolazione delle sussistenze arrestando chi vi si apponesse;
- condurre avanti all’autorità civile chi disturbasse i cittadini nell’esercizio del culto, del commercio e dell’industria;
- sorvegliare i mendicanti, i vagabondi, i sospetti;
- fare processo verbale dei cadaveri trovati ed avvertirne le autorità competenti;
- fare processo verbale degli incendi, delle rotture, degli assassinii e di quei delitti che lasciano delle tracce;
- farlo similmente delle dichiarazioni ad essi fatte da chi somministrasse indizi, prove ed informazioni sugli autori o complici degli  attentati e delitti;
- stare a portata delle grandi adunanze, dei mercati, delle fiere e delle pubbliche feste;
- condurre i prigionieri ed i condannati;
- arrestare i disertori ed i militari non muniti di recapiti;
- far raggiungere il loro corpo ai militari assenti allo spirare dei loro permessi, al quale effetto i suddetti militari dovevano far vidimare i permessi stessi dal comandante dei dragoni del circondario;
- seguire le truppe di passaggio nel territorio della brigata arrestando coloro che si scostassero dalla strada e giunti nelle marce o luoghi di soggiorno commettessero disordini;
- condurre, dinanzi alla competente autorità i forestieri privi di passaporto o con passaporto irregolare;
- arrestare e condurre dinanzi al governatore i mendicanti validi meritevoli di punizione giusta le leggi intorno alla mendicità;
- arrestare chi guastasse boschi, cinte e siepi, rivi e fossi, ancorché senza furto o rubasse frutta od altre produzioni da un terreno coltivato;
- arrestare chi per imprudenza, negligenza, rapidità dei cavalli o in altro modo avesse ferito od offeso un cittadino;
- arrestare chi nei luoghi pubblici tenesse giuochi d’azzardo o altri dalle leggi proibiti;
- arrestare chi fosse trovato deteriorando gli alberi delle grandi strade;
- fare la polizia delle grandi strade mantenendo libere le comunicazioni, obbligando i conduttori a stare a lato dei loro cavalli, arrestando quelli che resistessero e conducendoli avanti all’autorità civile, la quale poteva condannarli ad una multa non maggiore di fr. 10 salvo
a pene più gravi in caso di delitto;
- visitare gli alberghi, le bettole ed altre case pubbliche anche di notte, sino all’ora che per legge essi luoghi si dovevano chiudere;
- farsi presentare dagli osti e dagli albergatori i registri per ogni ricerca degli ufficiali o comandanti del loro circondario.
Ai dragoni era poi fatto divieto di entrare di notte nelle case dei cittadini se non in caso di incendio, di inondazione o d’interno reclamo: di giorno dovevano eseguire gli ordini delle autorità costituite, ma senza mandato speciale non potevano entrare nella casa di un cittadino
per cercarvi un colpevole rifugiato.
I processi verbali dovevano essere inviati nelle 24 ore al giudice di pace o ad altro ufficiale di polizia del circondario ove i delitti erano stati commessi o i colpevoli arrestati ed un estratto dei medesimi con le necessarie informazioni doveva inviarsi al comando del corpo. Le funzioni suddette venivano esercitate abitualmente e di tali servizi i comandanti le brigate tenevano nota su di un giornale, che mensilmente inviavano al comando del corpo.
Il servizio straordinario dei dragoni consisteva nel prestare manoforte, quando erano legalmente comandati, per la percezione dei diritti di finanza, la repressione dei contrabbandi e dell’introduzione di merci proibite, l’incasso delle contribuzioni dirette ed indirette ed altri
pubblici diritti, per l’esecuzione dei mandati di giustizia ad istanza degli uscieri, i quali dovevano però dare giustificazione degli atti in virtù dei quali chiedevano la forza. I dragoni dovevano eseguire i mandati di arresto sottoscritti dalle autorità giudiziali e politiche e prestare nell’interno della città la manoforte che era loro legalmente richiesta, scortare denari e polvere da guerra.
Le brigate potevano essere riunite d’ordine del governatore per assicurare la tranquillità in occasione di riunioni, ma non potevano entrare nel luogo dove si tenevano neppure in caso di tumulto se non dietro richiesta del presidente delle medesime.
I dragoni dovevano assistere all’esecuzione dei condannati dai tribunali per mantenere l’ordine, prevenire ed impedire tumulti, prestando manoforte agli ufficiali di giustizia incaricati delle esecuzioni delle sentenze.
Le autorità civili autorizzate a rivolgere le loro richieste al corpo dei dragoni non potevano immischiarsi nelle operazioni ordinate dai capi per porle in esecuzione, rimanendo a questi tutta la responsabilità delle operazioni e l’obbligo di farne rapporto; copia dei processi verbali e le note delle operazioni eseguite in seguito a dette richieste dovevano essere inviate al comandante del corpo.
In quanto ai loro rapporti con le autorità civili i dragoni prestavano manoforte, dietro legale domanda, con l’eseguire quanto fosse richiesto dalle medesime pel mantenimento od il ristabilimento della pubblica tranquillità o per la esecuzione delle sentenze e degli ordini di giustizia. I dragoni non potevano essere ricercati dalle autorità che nella estensione del loro circondario; però il governatore poteva in casi urgenti far riunire tutte o parte delle brigate del ducato e formarne momentaneamente delle nuove per il ristabilimento della
pubblica tranquillità, ma in questo caso doveva informarne il comandante delle truppe di linea del circondario ed anche il ministero. Gli ufficiali dei dragoni potevano spostare una o più brigate alle fiere, ai mercati o alle pubbliche feste purché le stesse rientrassero in sede nel medesimo giorno e se ne facesse cenno sul giornale di servizio.
Le richieste delle autorità ai comandanti dei dragoni dovevano essere fatte per iscritto indicando la legge per la quale dovevano agire ed  erano indirizzate ai comandanti dei circondari, i quali rispondevano come colpevoli di atti illegali ed arbitrari ove mancassero le suddette formalità. I processi verbali dei dragoni erano in carta libera ed esenti dal diritto di registro.
3 - Il corpo dei dragoni era parte delle forze armate ed in tutte le circostanze in cui si riuniva con le stesse prendeva la
destra e marciava alla testa delle colonne.
I comandanti delle altre forze armate non potevano intervenire nelle operazioni abituali dei dragoni né distorglierli dalle funzioni assegnate loro dalla legge.
Quando i dragoni abbisognavano per qualsiasi circostanza di una forza suppletiva, i loro ufficiali ne facevano domanda per iscritto ai  comandanti delle piazze o ai comandi militari del loro circondario indicando il numero necessario. In mancanza di truppe gli ufficiali dei dragoni potevano chiedere manoforte alla guardia nazionale rivolgendosi al podestà, nel qual caso la guardia suddetta passava sotto gli ordini
degli ufficiali dei dragoni incaricati della operazione.
La forza armata chiamata a marciare coi dragoni, quando era comandata da un pari grado dipendeva da quello dei dragoni ed invece quando era comandata da un ufficiale di grado superiore doveva uniformarsi agli ordini avuti per iscritto dall’ufficiale dei dragoni.
Ogni ufficiale, sottufficiale e dragone che ordinava l’arresto od arrestasse un individuo non colto in flagrante delitto o in casi dalla legge non previsti, doveva essere processato criminalmente e punito come colpevole di detenzione arbitraria.
La suddetta pena veniva inflitta anche quando in seguito all’arresto in uno dei suddetti casi l’individuo fosse stato condotto e ritenuto in luogo non legalmente assegnato ad uso di carcere.
Chi era arrestato in flagrante delitto dai dragoni nei casi determinati dalla legge, ma senza ordine di cattura o sentenza di condanna, doveva essere subito condotto innanzi all’ufficiale di polizia e solo in virtù di un suo mandato di arresto poteva trasferirsi in carcere; però in
assenza del giudice o dell’ufficiale di polizia l’arrestato poteva trattenersi, guardato a vista in una sala del comune, finché vi potesse essere condotto, purché ciò non venisse differito al di là di ore 24, sotto pena pei dragoni che tra sgredissero di essere puniti come  colpevoli di detenzione arbitraria.
Non potevano i dragoni eseguire arresti se non nei casi di flagrante delitto determinati dalla legge o in virtù di mandato di arresto o di decreto fatto giusta legge. L’usare verso i detenuti rigori non ordinati dalla legge era considerato delitto:
era pertanto proibito a qualsiasi individuo della forza armata di fare agli arrestati oltraggi o cattivi trattamenti; essi potevano soltanto respingere con la forza le violenze o le vie di fatto che venissero fatte loro nell’esercizio delle funzioni affidate dalla legge.
4 - Il nuovo corpo venne diviso in brigate, sezioni, luogotenenze e nella sua prima composizione venne stabilito un organico di 186 uomini, di cui 66 a cavallo e 120 a piedi con 5 ufficiali: il capitano comandante; due tenenti e due sottotenenti, tutti a cavallo, comandanti le quattro luogotenenze; ogni brigata era al comando di un maresciallo d’alloggio o brigadiere.
Ogni luogotenenza aveva un numero di brigate proporzionate alla estensione territoriale, alla posizione topografica, alla situazione politica ed alla popolazione. Gli ufficiali venivano reclutati tra i migliori della forza armata dello stato ed il dragone per essere ammesso nel corpo doveva avere età tra i 25 ed i 35 anni, sapere leggere e scrivere, essere di buona condotta ed avere la statura di cinque piedi e quattro  pollici almeno (circa 1.70).
Dopo la Primitiva organizzazione, pur rimanendo invariati gli altri requisiti, venne richiesto per l’arruolamento nel corpo che l’aspirante avesse prima servito per quattro anni nella forza armata con ottima condotta.
Le promozioni nel grado di sottufficiale avvenivano nel seguente modo: per una vacanza nel grado di brigadiere venivano scelti nel corpo - senza riguardo ad anzianità - da parte di un consiglio detto di elezione e composto di soli ufficiali, sei candidati ed il prescelto tra
gli stessi veniva nominato brigadiere dal capitano, dietro approvazione del ministero.
Metà delle vacanze nel grado di maresciallo d’alloggio spettavano ai brigadieri più anziani di grado nel corpo, l’altra era a scelta degli ufficiali come per la nomina a brigadiere.
I marescialli potevano raggiungere il grado di sottotenente; un terzo per anzianità, un terzo a scelta del corpo e l’altro terzo a scelta del Governo. I sottotenenti ed i tenenti quando si verificava una vacanza rispettivamente nel grado di tenente e capitano, venivano scelti dal Governo.
Il capitano poteva essere promosso maggiore, ma passava nella truppa di linea; in seguito però il comandante dei dragoni rivestì anche il grado di maggiore. Ad ogni ufficiale era assegnato un soldo ed una indennità fissa per alloggio, foraggio, girate ed uffizio.
Con la somma che gli veniva corrisposta ogni sottufficiale e dragone era obbligato, se montato, a provvedere e mantenere un cavallo di  servizio, la cui taglia ed età era determinata dal governo, nonché le relative bardature, spese di ferratura, uniforme, ecc. Ogni sottufficiale o dragone doveva mantenere presso la compagnia un deposito di 310 franchi se montato, 160 in caso contrario, destinato a provvedere alle perdite o rimpiazzi giudicati necessari.
I cavalli dei sottufficiali e dragoni erano nutriti in comune nelle rispettive residenze ed annualmente veniva prelevata dal loro soldo la somma di 365 fr. destinata ad assicurare per un anno il nutrimento del cavallo.
Le economie che venivano eventualmente realizzate nell’approvvigionamento dei foraggi erano divise in proporzioni eguali fra sottufficiali e dragoni montati.
Quando un sottufficiale o dragone lasciava il corpo per congedo tutti gli oggetti che gli appartenevano gli venivano lasciati e poteva altresì disporre del cavallo, solo se il consiglio di amministrazione glielo lasciava in quanto quest’ultimo aveva la facoltà di darlo ad altro  dragone, rimettendo al dragone che andava in congedo il valore in danaro secondo perizia.
L’armamento era di proprietà del Governo e veniva ceduto dai magazzini del ducato, ma i dragoni dovevano provvedere alle riparazioni ed a conservarlo in buono stato.
Il casermaggio era fornito dalle amministrazioni municipali.
Nessun sottufficiale o dragone poteva vendere o cambiare il cavallo se non autorizzato e se lo perdeva per causa di servizio riceveva dal Governo un indennizzo di 350 fr. per acquistarne un altro.
Nella compagnia era stabilito un consiglio amministrativo, composto dal capitano, di un tenente, di un maresciallo d’alloggio, di un brigadiere e di un dragone; questo consiglio si riuniva una volta al mese per l’esame di questioni relative all’amministrazione ed alla contabilità.
Gli ufficiali, sottufficiali e dragoni erano giudicati dai tribunali criminali per delitti relativi al servizio della polizia generale e giudiziaria e dai consigli di guerra pei delitti relativi al servizio e disciplina militare.
In caso di contemporaneità di due dei delitti cui sopra la cognizione apparteneva al tribunale criminale.
Gli ufficiali, sottufficiali e dragoni erano soggetti al regolamento di disciplina militare.
Per ogni sottufficiale e dragone era impiantato un registro di disciplina nel quale erano annotate le punizioni “le buone e cattive azioni”, i “servizi leali”, le operazioni importanti compiute, la condotta pubblica e morale. Il capitano comandante del corpo teneva un registro del genere per gli ufficiali.

Ogni anno dopo l’ultima visita passata dal capitano ai comandi veniva nominato il consiglio di disciplina composto del capitano, di un tenente, un sottotenente, un maresciallo d’alloggio, un brigadiere e del commissario del Governo presso il tribunale per giudicare le gravi mancanze non di competenza dei consigli di guerra o dei tribunali.
Il predetto consiglio poteva infliggere sino a 4 anni di prigione, cambiare di residenza il colpevole, ritardare il suo avanzamento, pronunciare il suo allontanamento dal corpo.
Chi subiva tre punizioni per ubriachezza, anche se non accompagnate da altre circostanze aggravanti, veniva licenziato dal corpo.
Nessun ufficiale, sottufficiale o dragone poteva esercitare un mestiere o professione; e lo stesso per le loro mogli, nei comuni di residenza dei mariti. Il capitano comandante doveva far conoscere ai governatori e commissari del Governo presso i tribunali civili e criminali tutto ciò che poteva interessare la sicurezza e tranquillità pubblica.
Sotto qualunque pretesto le autorità civili non potevano servirsi dei dragoni per portare pieghi e corrispondenze e gli ufficiali dovevano impedire nel modo più formale che i dipendenti venissero impiegati in tale servizio. Le brigate corrispondevano due volte per decade a mezzo di punti di riunione con quelle limitrofe ed in tali circostanze si comunicavano tutto ciò che interessava la sicurezza pubblica e provvedevano
al trasporto dei detenuti ed alla consegna degli ordini e delle lettere dei superiori.
Il capitano ispezionava le brigate almeno tre volte l’anno, i luogotenenti ogni due mesi e lo scopo di tali visite era quello di prendere cognizione del servizio che veniva disimpegnato, della condotta degli uomini, dello stato dei cavalli, delle caserme e scuderie, degli approvvigionamenti dei foraggi e della loro qualità, di impartire direttive ed istruzioni agli ufficiali, sottufficiali e dragoni e gli ordini che le circostanze ed i bisogni del servizio esigevano, di assicurarsi presso le autorità civili e le persone più in vista che i dragoni adempissero ai loro doveri.
I risultati di tali visite venivano annotati sui registri di disciplina. Ai dragoni o sottufficiali distintisi in operazioni di servizio si  potevano dare gratificazioni o promozioni al grado superiore.
Gli ufficiali, sottufficiali e dragoni, giunti all’età di 60 anni potevano chiedere il collocamento in congedo, mentre quelli che diventavano inabili per ferite o malattie incontrate in servizio prima di tale età ricevevano egualmente gli assegni di congedo.

5. - La maggior cura della polizia e dei dragoni all’atto della sua istituzione fu quella di vigilare sulle mene dei bonapartisti e sulle  aspirazioni dei partigiani dei Borboni dirette a favorire l’ex regina d’Etruria, divenuta duchessa di Lucca, pretendente al trono di Parma pel figlio Carlo Lodovico. Particolare vigilanza fu pure portata sulle sette politiche. La polizia del ducato era male organizzata, perchè il Neipperg confidava troppo sulla potenza dell’Austria e della Santa Alleanza. La Carboneria si agitò anche nel ducato nel 1820-1821; si fecero
processi contro la volontà del Neipperg e della duchessa, solo per desiderio di Vienna e del duca di Modena, ma la clemenza di Maria Luigia fu amplissima e salutare. Solo nel 1831 la rivoluzione mise alla prova i corpi militari al servizio del ducato, i cui ufficiali provenendo quasi
esclusivamente dalle armate napoleoniche erano imbevuti di idee liberali. Il 13 febbraio 1831 una sommossa popolare consigliò la duchessa a lasciare Parma per trasferirsi a Piacenza dove era un presidio austriaco, ma il corteo ducale fu arrestato alla porta della città da una imponente folla acclamante alla sovrana, che commossa rinunciò alla partenza. Tutto pareva finito e dagli insorti fiduciosi s’attendevano i provvedimenti del governo, quando dalla folla accalcata davanti la reggia uscì il grido “Facciamo la guardia nazionale”. Fu un baleno: i militari sopraffatti, o arrendevoli, o complici, diedero le armi senza la minima opposizione. “Era questo - ci narra un cronista - uno  spettacolo di fratellanza commoventissimo, nel quale ufficiali, soldati, cittadini si abbracciavano, si baciavano in un trasporto di gioia nuova indescrivibile”. Non volendo cedere alla rivoluzione, la duchessa passò a Piacenza nella notte del 14 febbraio. Il podestà di Parma e il
Governo provvisorio creato subito dopo, assicurarono l’ordine in città. Per provvedere a questo il 15 febbraio il podestà Bolla emise il  seguente decreto: “Il podestà di Parma - sulla deliberazione del consiglio degli anziani nella sua sessione di questa mattina - fa sapere che il corpo dei dragoni ripiglierà senza indugio alcuno il suo servizio ordinario sotto la denominazione di gendarmeria, della quale è nominato maggiore comandante il sig. capitano Antonio Melli. Nel far noto al pubblico questa disposizione egli invita chiunque avesse presso di sé effetti spettanti a quel corpo di presentarli a questa podesteria entro il più breve termine possibile”. Il comandante Melli aveva prestato servizio militare prima nella repubblica cisalpina, poi nella repubblica italiana, e solo dopo la restaurazione era stato nominato tenente dei dragoni di Parma.
Intanto Maria Luigia dichiarava con decreto del 26 febbraio nulli gli atti del governo provvisorio di Parma e con altro del 28 febbraio  invitava i corpi militari a raggiungere la nuova residenza ducale di Piacenza gettando la coccarda tricolore imposta dal nuovo regime. Da ciò sorsero defezioni, dimissioni: alcuni gruppi di dragoni e di milita ri del reggimento Maria Luigia raggiunsero Piacenza, dove furono alloggiati
nel convento di S. Sisto, altri passarono alla costituita guardia nazionale. Il podestà di Busseto avvertiva il governo provvisorio intorno al contegno della brigata locale dei dragoni in questi termini: “Pareva che eglino secondassero le ordinazioni superiori e non avessero scemato punto del loro zelo nel mantenimento del buon ordine, ma alcuni si sono raffreddati molto nel loro servigio e segnatamente il maresciallo
comandante la sezione da cui dipende pure la brigata di Zibello”. Perché il buon ordine non venisse compromesso in quei critici momenti, il
podestà consigliava a richiamare subito nella capitale la brigata bussetana. Il comandante la sezione dei dragoni di Guastalla, certo Valli, secondo la testimonianza di quel podestà “mantenne durante i moti condotta lodevole”. Nello scontro di Fiorenzuola del 24 febbraio tra una colonna di fanti tedeschi, preceduta da una “mano” di cavalleggeri e di dragoni ducali venuti da Piacenza, contro un drappello di guardie  nazionali 50 soldati di linea, rimase ucciso tra gli altri il maresciallo d’alloggio Anselmi che comandava i dragoni. Dopo l’intervento  austriaco a Parma, con il ripristinamento del governo ducale, si imbastirono i processi contro i rivoluzionari. Tra gli informatori del governo il comandante dei dragoni, maggiore Domenico Anselmi, si distinse assai per zelo e capacità ed il suo ricco carteggio sui compromessi politici col segretario di gabinetto cav. Lorenzo Richer fornisce interessanti notizie su quanti avevano dimostrato avversione al legittimo governo o che si erano troppo facilmente adattati alle novità del febbraio. Ma il suo zelo andava troppo oltre l’intenzione dei governanti, i quali volevano con apparente rigore arrivare quasi insensibilmente al punto di far finire tutto in una bolla di sapone. Infatti fra gli inquisiti tratti in prigione vi erano otto sottufficiali e soldati dei dragoni, che furono assolti “per non luogo a procedere”. Gli stessi erano stati
denunciati dal maggiore Anselmi con rapporto del 1 giugno e fra essi erano 2 marescialli d’alloggio, due brigadieri, due dragoni a piedi e due a cavallo. Questi ultimi due, certi Cani Antonio e Gabbi Luigi, combatterono a Fiorenzuola dalla parte dei nazionali ed il Cani a discolpa affermava “d’esservi stato costretto con minacce dal tenente dei dragoni cav. Rossi”. Questi fu semplicemente destituito, mentre il Melli
che aveva comandato il nuovo corpo dei gendarmi creato dal governo provvisorio fu riammesso nel ricostituito corpo dei dragoni e nel 1832 figurava nel ruolo col grado di capitano. Anche il Rossi era un ex ufficiale napoleonico. Il maggiore Anselmi, ritenendosi esautorato
dal governo che non agì conforme ai suoi rigidi rapporti e che dichiarava servendosi di un detto di Napoleone “tutto è ridicolo fuorché la forza”, chiese le dimissioni scrivendo al Richer: “Vedo che ad onta delle mie buone intenzioni non posso più essere umile a S.M.”.

6. - Passata la burrasca del 1831 il corpo dei dragoni, coadiuvando l’ufficio di polizia, svolse gran parte dell’ordinaria sua attività specialmente nella vigilanza sulla stampa clandestina, sui sudditi sospetti, sugli stranieri politicamente segnati nonché su quelli esiliati o profughi, specialmente se compromessi nei moti del 1821 e del 1831. L’entusiasmo patriottico creato dagli atti di Pio IX invase anche i ducati parmensi, dando luogo a pubbliche dimostrazioni in onore del pontefice, promosse specialmente dagli studenti universitari. La sera del 16 giugno 1847 una pubblica luminaria in onore del Papa diede luogo a violenze da parte delle truppe al comando del colonnello Salis e del
maggiore dei dragoni Godi per sciogliere in l’arma, sulla piazza e sul corso principale, la folla acclamante. Il fatto creò nei cittadini una forte irritazione contro i dragoni, ritenendosi che avessero esagerato nella repressione. L’odio all’Austria, la cui politica era seguita dal governo di Parma, era tanto diffuso e vivo, che il conte di Bombelles, succeduto al Neipperg come ministro presso Maria Luigia, dove approvare la condotta dei militari, del braccio dei quali aveva bisogno in quei tempi minacciosi.
La duchessa tornata da Vienna invitò alla sua presenza tutti gli ufficiali, lodandoli per la loro fedeltà e devozione, distribuendo 100 medaglie ai militari che si distinsero nella sera del 16 giugno.
Maria Luigia spirava il 17 dicembre 1847, tra il cordoglio dei sudditi. I tempi però precipitavano e ben presto il suo successore Carlo  Lodovico di Borbone doveva abdicare mentre il governo provvisorio sorto dalla rivoluzione trionfante, con regio rescritto del 6 giugno 1848 mutava il nome del corpo dei dragoni in quello di “carabinieri”.
Poco dopo essi erano incorporati nei carabinieri reali. Provvedimento questo di breve durata perché dopo i noti insuccessi della prima guerra dell’indipendenza i “carabinieri parmensi” dovevano ritornare ad essere dragoni del ricostituito antico regime e solo nel 1859 poterono ritornare, e per sempre, nelle file dell’Arma.