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Dott.ssa Antonia Marzo

IL PARENTICIDIO: UNA INDAGINE SOCIO-CRIMINOLOGICA SULLA STAMPA QUOTIDIANA

Il termine “parenticidio” è poco usato. Si differenzia dal parricidio o dal matricidio in quanto consiste nell’ omicidio o nel tentato omicidio di entrambi i genitori da parte di un figlio(1) in un arco di tempo ristretto(2). La mitologia e la storia sono ricche di episodi riguardanti l’uccisione del padre e/o quella della madre, che vengono definiti col termine parricidio, mentre risulta complesso trovare riferimenti o fatti specifici sul parenticidio. L’evento del figlio che uccide entrambi i genitori, infatti, rappresenta un fenomeno aberrante in assoluto: è un atto che porta al disgregamento totale del nucleo familiare.

La famiglia, però, al di là dei luoghi comuni, non è la sede della massima sicurezza. In essa, infatti, le usuali difese e le attenzioni si attenuano, con conseguente abbassamento della soglia di prudenza. Numerosi fatti criminali avvengono in questo contesto e nella maggior parte dei casi vengono coperti proprio dai membri della famiglia stessa (si pensi ad esempio all’incesto, ai maltrattamenti, agli abusi sui minori ecc.). Il numero dei casi di parenticidio cresce e la loro dinamica si presta sempre meno ad interpretazioni e letture di tipo principalmente psichiatrico. Da un’analisi sociologica del fenomeno emerge che: - la famiglia in questi ultimi anni è stata interessata da importanti mutamenti riguardo i suoi aspetti strutturali, dal punto di vista delle sue funzioni e relativamente alle interazioni di ruolo dei vari componenti; - si assiste oggi ad una dilatazione progressiva del periodo dell’adolescenza che rende ancora più complessi i rapporti tra i membri della famiglia e conflittuale il passaggio all’età adulta; - la crisi del giovane, di origine individuale e nello stesso tempo sociale, è determinata dal fatto che la famiglia non svolge più il suo ruolo di mediazione tra l’orientamento valoriale, le aspettative individuali che la società contemporanea moltiplica e l’impatto dei singoli individui con la realtà esterna; - l’affermazione di unità familiari sempre meno definite e definibili ha determinato un vero e proprio cambiamento epocale in cui la “famiglia tradizionale” viene sostituita da altre forme familiari; - il ruolo del figlio, nella famiglia di oggi che rappresenta unicamente il centro degli affetti, diviene spesso quello di un vero e proprio baluardo a difesa della rottura e della ricostruzione.

Egli risulta, così, gravato di responsabilità che lo sovrastano e lo opprimono, rappresentando l’ultimo depositario dell’unione familiare; - l’aumento dei fenomeni di violenza in famiglia, soprattutto di casi particolarmente efferati, quale l’uccisione di entrambi i genitori, porta ad individuare alla base di questa tendenza una vera e propria frattura nel dialogo e nel confronto tra i figli e i genitori. Partendo da queste considerazioni, ci è sembrato interessante approfondire lo studio del parenticidio da un punto di vista fenomenologico-descrittivo per fornire un contributo, seppur modesto, alla comprensione di un simile reato. Si è scelto di adottare il termine parenticidio e la definizione suddetta per meglio delineare quel particolare aspetto del fenomeno che si intendeva analizzare.

La scelta di un campo di indagine così circoscritto è stata motivata dal fatto che la maggior parte delle ricerche effettuate su tale argomento ha studiato il parricidio all’interno della vasta gamma degli omicidi in famiglia, inserendolo in un contesto più ampio. Inoltre, è emersa l’impossibilità di estrapolare notizie su questo tipo di delitto dalle statistiche ufficiali esistenti in Italia (Istat, Forze dell’Ordine, Magistratura). Per questo motivo, quindi, si è deciso di condurre una ricerca, di carattere meramente descrittivo, analizzando autonomamente questo aspetto specifico degli omicidi in famiglia in Italia per comprenderne l’incidenza e la natura nell’arco di tempo compreso tra il 1998 e il 2002. Il materiale di studio della nostra analisi è stato rilevato in base ad una ricerca preliminare compiuta su tutti gli omicidi volontari commessi in Italia negli ultimi 5 anni (dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 2002).

Il censimento è stato eseguito mediante un’analisi mirata delle cronache dei principali quotidiani a tiratura nazionale e locale. In particolare si sono visionati: Il Corriere della Sera, La Nazione, La Repubblica, L’Unione Sarda, Il Mattino e la Gazzetta del Sud. La ricerca è stata condotta presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e la Biblioteca Giuridica di Roma. Il campione è costituito, quindi, da 32 casi estratti dagli articoli di giornale delle sei diverse testate, nel periodo che va dal 1° Gennaio 1998 al 31 Dicembre 2002. Nonostante il ristretto numero di casi rilevati, l’accuratezza del campionamento svolto rende rappresentativo il lavoro, almeno riguardo alle principali variabili che caratterizzano il fenomeno. Gli articoli sono stati individuati attraverso lo spoglio di tutte le pagine di cronaca nera dei quotidiani per tutti i giorni del periodo di tempo considerato, fino all’esaurimento dell’attenzione del giornale nei confronti della notizia.

L’estrazione degli articoli è avvenuta a seguito della lettura integrale del testo. È necessario sottolineare che alcuni articoli sono stati ritrovati in più di una testata, sono stati estratti ugualmente per ottenere il maggior numero di informazioni possibile, sono stati registrati e raggruppati in un unico caso. Per la registrazione dei dati è stata predisposta una scheda di rilevazione sulla quale sono state registrate le modalità delle variabili ritenute fondamentali rispetto all’obiettivo della ricerca: descrizione del fenomeno del parenticidio negli ultimi 5 anni. La scheda di rilevazione è stata strutturata in cinque parti: variabili relative al giornale dal quale è tratto l’articolo, relative al delitto, sugli autori, sulle vittime e sulle caratteristiche dell’omicidio. Una volta registrati tutti i dati nelle singole schede di rilevazione, si sono raggruppati gli stessi in una griglia riassuntiva (“Quadro Finale”) per avere un quadro completo delle informazioni raccolte. Essa è stata costruita sulla base della scheda di rilevazione, rispettando la suddivisione utilizzata in quest’ultima, ma tralasciando i dati relativi al giornale dal quale la notizia è stata estrapolata.

È stata riportata solo la data del delitto e l’attenzione è stata focalizzata sulle caratteristiche dello stesso, sull’autore e sulle vittime. Nonostante alcune incompletezze relative ai metodi d’indagine, al campione di riferimento e alla scarsità di dati rilevati dalle fonti esaminate, abbiamo giudicato tale studio di un certo interesse per alcuni items: sesso, età, mezzi etc. Sulla base dei dati rilevati è emerso che il basso numero di casi di parenticidio( 3) verificatisi nel 1998 ha subito una repentina crescita l’anno successivo (1999, 10 casi), per poi cominciare a diminuire in maniera graduale nel 2000 (8 casi), nel 2001 (6 casi) e nel 2002 (5 casi). La distribuzione geografica dei delitti ha visto una prevalenza di parenticidi nelle regioni meridionali, seguite da quelle settentrionali e da quelle centrali. A livello regionale, la concentrazione più elevata si è riscontrata in Campania e in Sicilia, seguite da Lombardia e Toscana.

Quanto agli autori dei delitti, lo studio ha evidenziato che si tratta quasi esclusivamente di soggetti di sesso maschile con un’età media di 29 anni. Su 32 parenticidi 17, il 54% sono risultati appartenere ad una fascia di età compresa tra i 26-35 anni. Il rapporto tra classi demografiche e aree geografiche ha presentato, però, delle sorprese. Il 50% dei parenticidi avvenuti nel Nord è stato compiuto da individui al di sotto dei 25 anni. Questa percentuale scende nel Sud (21%) e addirittura scompare nel Centro. In quest’ultima area si è riscontrata la prevalenza di omicidi, il 66%, commessi da adulti, precisamente da coloro che appartengono alla fascia di età tra i 26-35 anni (da attribuire a interesse economico). Quest’ultimo aspetto viene riscontrato anche nel Sud della Penisola (65%). I dati relativi alle relazioni affettive, al profilo professionale degli assassini e all’ambiente sociale ed economico sono risultati troppo scarsi per consentire un’elaborazione.

È stato rilevato anche un altro dato importante relativo al nucleo familiare di appartenenza dell’autore di parenticidio: in 11 casi su 32 il soggetto è risultato essere figlio unico. Le vittime, riscontrate nella rilevazione, sono 75, 38 di sesso femminile. In 25 casi su 32 si hanno come vittime solo i genitori; in 5 episodi la madre è morta e il padre è rimasto ferito, in un solo episodio quest’ultimo è deceduto e la madre è rimasta ferita; in 6 casi si è rilevato il decesso di entrambi i genitori, mentre in 20 casi si sono salvati entrambi. Nei 7 parenticidi allargati le altre vittime sono in un episodio la moglie e la figlia dell’assassino ed i fratelli o le sorelle in tutti gli altri; generalmente si tratta di fratelli minori. In relazione alle caratteristiche del delitto va evidenziato che nel determinare l’evento è risultato avere larga importanza la condivisione degli stessi spazi fisici di vita: 28 su 32 si sono verificati nell’abitazione comune. Gli strumenti adoperati (i mezzi) sono risultati essere nella maggior parte dei casi (32%) le armi da punta e da taglio (coltello da cucina), seguite dal ricorso alle lesioni gravi (percosse, calci e pugni) nel 26%. Per quanto riguarda il movente, prevale il disturbo psichiatrico persistente (32%), seguito dall’interesse economico (31%) e dalla litigiosità familiare (19%). Anche per questo aspetto si è cercato di evidenziare le differenze regionali: nel Nord e nel Sud prevalgono le motivazioni legate a disturbi psichiatrici seguite da quelle per interesse economico. Nel Centro, invece, la maggior parte dei reati di questo tipo è da attribuirsi a interesse economico.

Quanto all’atteggiamento post delictum, va segnalato che solo in 7 casi su 32 si è rilevato il comportamento dell’autore dopo il fatto. Il parenticida spesso subito dopo l’omicidio si rifugia nella quotidianità, ma generalmente viene individuato in breve tempo come colpevole. Rivolgendo l’attenzione sull’incidenza del parenticidio in Italia, sarebbe necessario un confronto con qualche dato ufficiale, ma dalle statistiche giudiziarie ufficiali (Istat, Forze dell’Ordine, Magistratura) non è possibile estrapolarne alcuna notizia. Se si prendono, però, in considerazione i dati Istat relativi al numero dei delitti denunciati e delle persone denunciate all’Autorità Giudiziaria dalle Forze dell’Ordine, e si confrontano con i nostri risultati, scaturiscono alcune riflessioni. Dall’analisi delle statistiche disponibili dal 1998 al 2001(3), emerge che: - nel 1998, dei 905 omicidi (876 omicidi dolosi consumati e 29 omicidi preterintenzionali) denunciati all’A. G., solo 2 (secondo il nostro studio) risultano essere parenticidi e quindi 2 sono gli autori su 612 denunciati in questo anno per omicidio (580 per omicidio doloso consumato e 32 per omicidio preterintenzionale); dei 1653 tentati omicidi, 2 sono tentati parenticidi e 2 le persone denunciate su un totale di 1556; - nel 1999, di 840 omicidi denunciati (805 omicidi dolosi consumati e 35 omicidi preterintenzionali), solo 3 sono parenticidi e quindi 3 sono le persone denunciate per questo delitto su 684 (636 per omicidio doloso consumato e 48 per omicidio preterintenzionale).

Nove sono i tentati parenticidi su 1639 tentati omicidi denunciati in totale e 9 gli autori denunciati per tentato parenticidio su 1571; - nel 2000, 3 parenticidi su 798 omicidi denunciati (746 omicidi dolosi consumati e 52 omicidi preterintenzionali) e 3 persone denunciate per parenticidio su 607 (554 per omicidio doloso consumato e 53 per omicidio preterintenzionale). Su 1399 tentati omicidi denunciati, 7 sono tentati parenticidi e 7 le persone denunciate su 1342; - nel 2001, 1 parenticidio su 760 omicidi denunciati (704 omicidi dolosi consumati e 56 omicidi preterintenzionali) e una sola persona denunciata per aver commesso questo delitto su 599 in totale (531 per omicidio doloso consumato e 68 per omicidio preterintenzionale). Cinque sono tentati parenticidi su 1454 tentati omicidi, 5 i denunciati per tentato parenticidio su 1422 denunciati per tentato omicidio.

È necessario precisare che i dati relativi ai delitti e alle persone denunciati all’Autorità Giudiziaria dalle Forze dell’Ordine sono stati rilevati secondo la distinzione presente nelle statistiche tra “omicidi dolosi consumati”, “omicidi preterintenzionali” e “tentati omicidi”. Ciò si è reso necessario in quanto alcuni dei casi di cronaca da noi studiati, in cui la morte si è avuta come conseguenza di lesioni (calci, pugni ecc.) potrebbero esser stati, poi, denunciati e quindi rubricati come “omicidio preterintenzionale”. Dall’analisi complessiva emerge che, in effetti, il numero dei parenticidi e delle persone denunciate per tale delitto costituisce una percentuale molto bassa rispetto al totale degli omicidi denunciati e dei relativi autori. Non è facile, né corretto, quindi, affermare che il parenticidio è un fenomeno in costante crescita.

Tenendo conto della relativa scarsità, rispetto ad altri delitti, di studi e ricerche italiane e straniere, sugli omicidi in genere, e sui parenticidi in particolare, emerge la difficoltà di confrontare direttamente i nostri dati con quelli di altre rilevazioni. Se si volesse, però, approfondire ulteriormente questo aspetto, si potrebbero estrapolare dalle diverse pubblicazioni in materia di omicidio in famiglia, le percentuali relative al parricidio, inteso come uccisione del padre e della madre. Tra i lavori italiani si possono segnalare i seguenti: - Traverso e Coll.(4): omicidi e tentati omicidi nella città di Firenze 1961- 1985. Nel 3,1% dei casi si tratta di parricidio, nello 0,9% di fratricidio, nello 0,4% di omicidio di altri familiari su un totale di 32,6% di omicidi in famiglia riscontrati (rispetto al totale degli omicidi); - Fiori e Coll.(5): omicidio volontario nel settorato medico legale di Pavia 1975-1984. Nello 0,9% dei casi si tratta di parricidio sul 24% di omicidi in famiglia; - Russo e Coll.(6): omicidio nella provincia di Messina 1977-1984. 25,97% di omicidi in famiglia, di cui il 2,6% parricidi; - Correra e Coll.(7): omicidio volontario in Trieste e provincia dal 1981 al 1990. Si rilevano 3 parricidi su un totale di 15 omicidi in famiglia (su 24 omicidi rilevati); - Celesti e Coll.(8): l’omicidio in famiglia nel settorato medico legale genovese (1968-1982). Dieci parricidi nel 26,55% di omicidi domestici sul totale degli omicidi; - Lanza(9): omicidi in famiglia nel Veneto e Friuli Venezia e Giulia (1985- 1993). Parricidi 30,1%; - Marinelli e Giordano Orsini(10): l’omicidio nella famiglia (casistica del settorato medico-legale romano del 1971-1990). 6% di parricidi, su 104 casi di omicidi familiari tra i 27.036 omicidi; - Piacenti(11): omicidi in famiglia (Italia1993, 11 mesi). Parricidi 15,4%; - Piacenti(12): omicidi in famiglia (Italia 1994). Parricidi 19,4%. È evidente, come dimostrano questi dati, che anche il parricidio (nell’accezione che ogni singolo autore ha scelto di attribuire a questo termine) riveste una bassa percentuale di casi sul totale degli omicidi commessi in Italia negli anni considerati da ogni singola ricerca. In conclusione emerge che molto probabilmente è l’allarme sociale generato da questo delitto e l’amplificazione che ne fanno i mass media che portano l’opinione pubblica ad affermare che sia un fenomeno in costante aumento. In realtà, dal nostro studio, emerge il contrario.

Il parenticidio, infatti, negli ultimi 5 anni, si è manifestato in Italia in una bassa percentuale di casi rispetto al totale degli omicidi denunciati all’Autorità Giudiziaria dalle Forze dell’Ordine e nel corso dei 5 anni considerati, soprattutto dal 1999 in poi, ha avuto un andamento decrescente. Dall’analisi complessiva del fenomeno, condotta dal punto di vista socio-criminologico, non si può fare a meno di sottolineare che dietro queste efferate violenze domestiche c’è una famiglia che non funziona. Si è portati a pensare, infatti, che il parenticidio, fenomeno dalle innumerevoli sfaccettature, sia determinato da diversi fattori e che questi siano da ricercare nel contesto familiare dell’autore, in quanto il suo comportamento spesso nasce da una disfunzione dell’intero sistema familiare. Facendo proprie le considerazioni del De Pasquali si può affermare: “In quest’ottica la famiglia è intesa come un sistema nel quale il comportamento di ciascun membro è in rapporto col comportamento di tutti gli altri, e quindi ogni comportamento influenza gli altri e viene a sua volta influenzato, in una sequenza circolare: per cui è arbitrario affermare , ad esempio, che il comportamento di A precede quello di B, o viceversa.” E ancora: “Si parla così di “famiglia multiproblematica”, nella quale più membri manifestano sintomi di disagio psicosociale, anche se sarà poi solo uno a compiere il delitto(13).”


(1) - M. STRANO, I crimini nella famiglia, in M. STRANO, A. DI GIANNANTONIO, R. DE RISIO, Manuale di criminologia clinica, M.ROSSINI, Città di Castello, 2000.
(2) - Eurispes, Rapporto Italia 1996, Percorsi di ricerca nella società italiana, Cap. 6, Scheda 57, “Il parenticidio”, Roma, 1996.
(3) - I dati relativi al 2002 non sono ancora disponibili. (Fonte ISTAT: Statistiche Giudiziarie e Penali)
(4) - G. B. TRAVERSO, S. CIAPPI, G. LEONE, Omicidio e tentato omicidio nella città di Firenze, in RASS. ITAL. CRIMINOL., 6, 323, 1995.
(5) - M. FIORI, A. GANDOLFI, L’omicidio volontario nel settorato medico legale di Pavia nel decennio 1975-1984. Rilievi socio criminologici, in ARCH. MED. LEG. ASS. 10, 78, 1988.
(6) - G. RUSSO, A. MODICA, “L’omicidio nella provincia di Messina (1977-1984), in Arch. Med. Leg. Ass. 8, 143, 1986.
(7) - M. M. CORRERA, F. COSTANTINIDES, P. MARTUCCI, Il fenomeno dell’omicidio volontario nella provincia di Trieste: il decennio 1981-1990, in RASS. ITAL. CRIMINOL. 4, 463, 1992.
(8) - R. CELESTI, G. FERRETTI, L’omicidio volontario nell’ambito della famiglia. Casistica nel settorato medico legale genovese nel quindicennio 1968-1982, in RASS. CRIMINOL. 16, 2, 1980.
(9) - L. LANZA, Gli omicidi in famiglia, Giuffrè Ed., Milano, 1994.
(10) - E. MARINELLI, P. GIORDANO ORSINI, L’omicidio nella famiglia. Casistica nel settorato romano dell’ultimo ventennio, in JURA MEDICA 6, 117, 1993.
(11) - F. PIACENTI, “La fenomenologia degli omicidi in famiglia, in UP & DOWN 5, 35, 1994.
(12) - F. PIACENTI, “Guerra in Famiglia: gli omicidi domestici in Italia, in UP & DOWN (mensile dell’EURISPES) 6, 15, 1995.
(13) - P. DE PASQUALI, Figli che uccidono. Da Doretta Graneris a Erika e Omar, Rubbettino, Soneria Mannelli (Catanzaro), 2002, p. 192.